La cessione degli NPL: un affare, per chi?

L’utilità del contatore del debito pubblico

Il rischio di credito è uno dei nodi centrali della relazione del Governatore della Banca d’Italia Visco all’Assiom Forex di sabato scorso. Nessuna banca è immune; la presenza di crediti deteriorati nei bilanci è un problema da gestire nel quadro d’insieme, con attenzione e cura, per approntare interventi ad hoc. Gli Intermediari sono tra loro interconnessi e operano nell’ambito di un sistema in cui le decisioni dei singoli si riflettono a livello sistemico. La fotografia che emerge dall’intervento di Visco ci aiuta a comporre un puzzle complesso.

Valutazioni di contesto economico 

Nel 2016 si è registrato il più basso livello di flusso di nuovi prestiti deteriorati rispetto al 2008. Dato che può dipendere da: minori finanziamenti concessi a privati e aziende; maggiore due diligence e minore liquidità negli istituti bancari. A giugno 2016 gli NPL ammontavano al 10,4% del totale dei prestiti. Di questi, in realtà, il 4,8% risultava in stato di insolvenza, mentre il resto, pari a 103 miliardi di euro, non escludeva il rientro nella regolarità dei pagamenti dai debitori. In sostanza, la ripresa della crescita, degli investimenti, del mercato del lavoro aumenterebbe il tasso di recupero degli NPL, a conferma che tutto è interconnesso.

Il bivio tra gestione interna e cessione

La cosa interessante nella relazione è che, in effetti le banche italiane hanno registrato un tasso di recupero del 43% in media dal 2006 al 2015, percentuale che, però, si riduce nel biennio, 2014-15, al 35%. Di fatto c’è un range tra i recuperi ceduti in blocco a investitori specializzati e quelli gestiti in via ordinaria, a favore della gestione interna. I tassi di recupero sono più elevati se assistiti da garanzie reali e se riguardano le famiglie; tuttavia i tempi medi di recupero, maggiori per le posizioni più anziane, sono ancora lunghi in Italia. Il punto, però, è che nelle banche in buono stato finanziario, non è necessario cedere subito le sofferenze per liberarsene.

L’orientamento dato dall’Europa è ridurre le esposizioni al rischio di insolvenza per coloro che presentano un’alta incidenza di crediti deteriorati.

Una gestione interna efficiente

La Guida non vincolante in materia di NPL, recentemente posta in consultazione dal Meccanismo di Vigilanza Unico Europeo, richiede l’adozione di una politica di gestione attiva degli NPL da parte delle banche, con un piano mirato, varato dalle Autorità di vigilanza, per il giusto equilibrio tra gestione in-house e esternalizzazione dei crediti. Cederli al mercato significa trasferire valore a operatori attivi su questo segmento, realizzando immediatamente un importo, che spesso è inferiore a quello che si potrebbe recuperare in casa.

L’ipotesi di cherry picking, ovvero, che le nostre banche chiudano per prima le posizioni facili da recuperare, lasciando sui libri le altre, non è supportata dai dati reali (Nota di Stabilità finanziaria e vigilanza n. 7 – Gennaio 2017).

In conclusione, pesano la recessione e i lunghi tempi di recupero. Ma anche, come si legge nell’intervento del Governatore, l’impossibilità oggi di istituire una società di gestione degli attivi con il sostegno pubblico. Cosa avvenuta in altri paesi prima delle regole europee del 2013. D’altronde, in Italia, preoccupava la sostenibilità del debito sovrano. Come oggi preoccupano le sofferenze sui requisiti patrimoniali delle banche.

E allora, ce ne liberiamo? Certo, ma facciamo bene i conti.

Maria Luisa Visione