Il 2017? Un anno segnato da mercati emergenti e politiche statunitensi

trump- Il 2017? Un anno segnato da mercati emergenti e politiche statunitensi

Secondo molti analisti finanziari il 2017 potrebbe essere l’anno dei mercati emergenti.

Quel che è certo è che con l’elevato indice di incertezza politica globale, che ha caratterizzato un po’ tutto il 2016, i mercati emergenti hanno dimostrato di avere pregi e qualità e tutta una serie di punti forti che hanno permesso una tenuta stupefacente, decisamente inaspettata anche secondo le migliori previsioni.

Vuoi per l’imminente uscita del Regno Unito dall’Ue, confermata dal referendum, vuoi per l’aumento dei prezzi delle materie prime, ai quali possiamo affiancare rivoluzioni politiche come l’elezione di Donald Trump negli Usa, non appare così inaspettato un aspetto qual’è quello della

contrazione degli spread.

Dei mercati emergenti gli analisti sottolineano sostanzialmente due aspetti: offrono tassi di interesse reali e tassi nominali piuttosto elevati, soprattutto se confrontati con i mercati tradizionali dei paesi sviluppati.

Secondo l’analisi messa a punto dagli esperti finanziari, a dare nuovi imput ai mercati emergenti nel 2017 saranno i segnali relativi all’aumento della velocità prevista per la crescita globale, a cui dovrebbero contribuire sostanzialmente gli Usa, il periodo di stabilità previsto per la Cina, una seppur contenuta ripresa della Russia, e un periodo che si preannuncia più favorevole per il Brasile, che in questi ultimi anni ha dovuto fare i conti con una forte recessione.

 

Sui mercati valutari le monete delle realtà emergenti potranno essere ancora soggette a scossoni ma la loro volatilità sarà mediamente più bassa rispetto all’anno appena trascorso.

Nel panorama internazionale a gettare nello sconforto e a preoccupare i mercati è ormai da giorni l’insediamento ufficiale di Donald Trump alla Casa Bianca.

E’ una certezza quella che Trump intenda procedere con una “politica pro-business a favore delle imprese statunitensi a sostegno del mercato domestico – sottolinea Filippo A. Diodovich Market Strategist IG -“.

In questo avvio d’anno le vicende politiche americane e il cambio ai vertici della Casa Bianca negli Usa non hanno dato particolare vigore alle quotazioni del dollaro. In generale si può dire non ci siano stato grossi effetti dell’ambito del cambio valute.

“Le dichiarazioni di Trump e del nuovo ministro del Tesoro Steve Mnuchin hanno contribuito a deprimere il valore del dollaro. Mnuchin ha, infatti, espresso come un apprezzamento troppo forte del dollaro possa avere effetti negativi di breve periodo sulla crescita economica – ha spiegato  Filippo A. Diodovich -.

E’ chiaro che Trump non abbia  intenzione di rafforzare troppo il dollaro facendo così perdere competitività alle imprese statunitensi. Tuttavia crediamo che la perdita di valore del biglietto verde possa essere solo temporanea. Le politiche ultra-espansive in campo fiscale promesse da Trump porteranno a un aumento dell’inflazione che potrà essere compensato solamente da una politica monetaria più restrittiva da parte della Federal Reserve“.

Le politiche di Trump, ormai è chiaro, influenzeranno notevolmente il panorama internazionale, creando apprensione ma soprattutto sollecitando chi si occupa di mercato del forex a vigilare con attenzione, valutando da vicino l’oscillazione delle valute, così come gli incrementi del costo del denaro, i ritmi di crescita dei tassi di interesse, le strategie monetarie degli Stati, le politiche centrate sull’inflazione e sul protezionismo, e non ultime le scelte politiche delle banche centrali.