I peccati capitali dell’economia italiana e il “tesoro rubato” alle imprese e ai cittadini onesti dell’Italia.

La crisi economica si scopre sempre di più una crisi morale e di valori civili nel Paese: le possibili risposte.

L’effetto congiunto della lettura del libro del Prof. Carlo Cottarelli “I sette peccati capitali dell’economia italiana” e della intervista sull’espresso in edicola al generale comandante della Guardia di Finanza Giorgio Toschi ci danno un quadro preciso e molto puntuale del paese Italia che non vorremmo e invece appare in tutte le sue sfaccettature ed evidenze di fronte a noi.

Allora questo “combinato disposto” di due letture che ci derivano da due osservatori, che se pur diversi, sono comunque entrambi molto autorevoli per l’alto riferimento che i due personaggi offrono al lettore attento della realtà economica e sociale del nostro paese. I due vizi capitali più importanti e decisivi per il mancato sviluppo dell’Italia sono senza dubbio l’evasione fiscale e la diffusa corruzione. Tali “peccati” sono entrambi quantificabili in misura miliardaria che supera di gran lunga l’importo complessivo sommato di più manovre economiche governative di cui si discute animatamente, non solo in politica e in parlamento, in occasione del bilancio dello Stato a fine di ogni anno per l’esercizio dell’anno successivo. Si stima un’evasione totale di oltre 100 miliardi e altrettanto il giro d’affari mosso dalla corruzione in Italia.

Oggi dunque la crisi economica si fonda principalmente su evasione fiscale e sulla corruzione dilaganti dove i probblemi sono la mancanza di capitale “sociale” e di valori civili coniugati con gli altri fattori che da sempre frenano il nostro sviluppo e aiutano di fatto questi primi due fenomeni negativi più gravi. Questi due elementi alimentano e aggravano oltretutto un debito pubblico che non diminuisce e oggi supera abbondantemente il 130% del PIL nazionale.

Gli altri elementi di negatività sono notoriamente, come scrive e argomenta correttamente il Prof. Cottarelli, l’eccessiva burocrazia, la lentezza della giustizia civile e penale, il crollo demografico coniugato con il posizionamento diverso Nord/Sud del paese e la difficoltà congenita di convivere con l’euro che ci fanno perdere progressivamente competitività nel mercato europeo e globale. Tutto questo da un senso alla mancata ripresa dopo una crisi generale da dove comunque sono usciti i paesi e le economie più virtuose della nostra e avendo un debito pubblico abbondantemente più contenuto.

Certamente non possiamo tornare indietro come qualcuno vorrebbe illudersi e illudere le forze più sane del nostro paese: questo non è solo un insulto alla realtà, ma non è praticamente possibile ed è pericoloso per ulteriore involuzioni sistemiche.

Una risposta utile crediamo con sincerità sia invece lavorare seriamente per una “nuova stagione del dovere” e della responsabilità sociale dove le scuole e le famiglie ritornino centrali nell’educazione e riproposizione di valori positivi di impegno e testimonianza di valori civili condivisi per una nuova crescita culturale e morale di una società. Appare infatti che inseguire falsi miraggi di soluzioni più comode, più divisive e dove si cerca un nemico esterno che in realtà non esiste se non nelle fantasie malate di chi vuol gettare la colpa sempre e comunque addossando ad altri è un esercizio sterile e inefficace. Un appello sincero alla responsabilità che deve essere esercitata da tutti senza esclusioni, sopratutto per chi è chiamato a compiere scelte che implicano il futuro di aziende e delle nuove generazioni.

Articolo a cura del Dott. Antognoli e del Dott. Cruz