Gli italiani si assicurano poco: scarsa conoscenza o mancanza di percezione del rischio?

La domanda complessiva di polizze assicurative in Italia rappresenta il 9% del PIL, di cui oltre tre quarti nel ramo vita (fonte Relazione attività IVASS 2015). Ne emerge che il segmento del comparto danni non automobilistici è solo il 12% del mercato assicurativo, a differenza di Germania e Spagna dove, invece, supera il 40% e Francia, in cui è del 30. Gli italiani si assicurano poco dai rischi personali e patrimoniali e preferiscono polizze di investimento e RC auto (obbligatoria). Affrontare temi delicati come l’invalidità e la premorienza non rientra ancora nella cultura finanziaria assicurativa dell’utente e la copertura casa, spesso, è conseguente alla sottoscrizione di un mutuo. Tuttavia, il tema della protezione non è solo tecnico, ma percettivo. Non tutti i rischi vanno trasferiti; quando, come per l’influenza, hanno conseguenze minime, anche se alta è la probabilità che si verifichino, si possono autogestire prendendo semplicemente la medicina. Se bassa è la probabilità dell’evento e minimo il danno, è bene assumerli in proprio (perdita chiavi di casa). Per i furti in casa che possono essere rilevanti, si riduce la possibilità dell’accadimento, dotandosi di sistemi di sicurezza adeguati. Ma, in presenza di bassa probabilità e elevato danno, assicurandoli, si può beneficiare della mutualità, ovvero del principio secondo cui, la partecipazione di molti, consente di pagare premi accessibili per la copertura del rischio. Inoltre, vanno considerate tutte le componenti demografiche, economiche e sociali, quali l’età, la condizione lavorativa, la composizione familiare, per avere un quadro chiaro e decidere consapevolmente come e per quanto proteggersi.

La protezione richiede attenzione e conoscenza e, i bassi numeri della sottoassicurazione degli italiani, mostrano la necessità di costruire fiducia nel settore. E’ ancora diffusa l’idea che ci penserà lo Stato o c’è sempre tempo, ma non valutare i rischi personali quali la premorienza o l’invalidità, o, relativi alla tutela del patrimonio, può avere conseguenze, da non sottovalutare.

Basti pensare che per i rischi di invalidità e premorienza sulla parte a carico dello Stato incide il sistema contributivo e i coefficienti di conversione. Ad esempio, per la pensione di inabilità, ovvero l’impossibilità totale di svolgere attività lavorativa, la prestazione dell’Inps spetta solo se si sono maturati almeno 5 anni di contribuzione, di cui, 3 in modo continuativo. Anche se viene considerata una componente assistenziale calcolata fino all’età di 60 anni attribuendo gli anni mancanti al verificarsi del sinistro, in ogni caso, l’esito è un assegno, in media, piuttosto esiguo. D’altro canto, la pensione pubblica ai superstiti, di diritto per familiari alla morte del lavoratore assicurato o pensionato, va ai beneficiari in percentuali diverse a partire dal 15% (100% solo al coniuge con più di due figli) e gli importi si riducono se si percepisce già un reddito. Senza considerare che nulla è dovuto per i conviventi non sposati.

Il punto non è se siamo reticenti o abbastanza sensibili rispetto alla protezione, ma se conosciamo i numeri che ci riguardano e abbiamo valutato il costo della prevenzione. Affrontare il tema, quando ormai si è verificato l’evento negativo, non dovrebbe essere la norma.

Maria Luisa Visione