Agricoltori senesi in prima fila contro gli ungulati

In oltre 500 hanno partecipato alla manifestazione nazionale organizzata da Coldiretti a Firenze.

Gli agricoltori senesi vogliono una svolta decisa sulla gestione degli ungulati. Per questo in oltre 500 hanno partecipato stamani alla mobilitazione organizzata da Coldiretti a Firenze. Proprio gli imprenditori agricoli della provincia di Siena si sono rivelati fra i più agguerriti, indignati per i danni ingenti alle coltivazioni vitivinicole e a quelle cerealicole da parte di caprioli e cinghiali. Non solo, i nostri agricoltori erano in piazza anche per denunciare la piaga dei lupi per le greggi. Firenze è stato scelta come sede della manifestazione nazionale in quanto la Toscana è la regione più colpita dal fenomeno. Gli agricoltori della provincia di Siena hanno portato in Piazza Duomo una coppia cinghiali come simbolo dell’esasperazione del mondo.

CinghialiErano presenti alla mobilitazione anche i rappresentanti, tutti con la fascia tricolore, dei Comuni di Casole d’Elsa, Radicofani, San Giovanni d’Asso, Montalcino e Piancastagnaio. Segnale, questo, di come il problema venga percepito in certe zone come una vera e propria minaccia per la collettività.

Il direttore di Coldiretti Siena Simone Solfanelli ha spiegato le ragioni dell’alta partecipazione senese: «Siamo ben contenti di questa fortissima presenza di agricoltori senesi, che sono venuti a Firenze per difendere le eccellenze alimentari della nostra provincia, messe a rischio dalla presenza di ungulati – caprioli, cinghiali – e del lupo. Siamo venuti a proteggere i grandi vini senesi, i nostri formaggi e il nostro cereale. La giornata di oggi non è altro che un modo per difendere la propria attività, il proprio diritto a fare impresa. Noi ci vogliamo riprendere il territorio».

Dal 2005 il numero dei cinghiali presenti in Italia è praticamente raddoppiato, passando da 600.000 esemplari a oltre un milione nel 2015. Un vero e proprio esercito che assedia oggi le campagne italiane con attacchi quotidiani alle colture, radendo al suolo campi di grano, mais, orzo, ma anche le produzioni tipiche, dalle castagne al farro, delle mele all’uva che gli agricoltori hanno salvato in questi anni dall’estinzione per poi rischiare di vederle sparire a causa della pressione dei selvatici.

IMG-20160802-WA0004Ma accanto ai cinghiali si intensificano su tutto il territorio nazionale gli attacchi degli altri animali, dalle nutrie agli storni, dai daini ai caprioli, fino ai mufloni, per danni alle produzioni che nel 2015 hanno raggiunto complessivamente i 100 milioni di euro. Un problema che – denuncia Coldiretti – mette a rischio la sopravvivenza delle aziende agricole, soprattutto nelle aree interne, ma anche l’assetto idrogeologico e lo stesso ecosistema, sconvolto dalla presenza eccessiva dei selvatici ormai fuori controllo, senza dimenticare le preoccupazioni sul profilo sanitario con il rischio di contagi degli animali allevati.

Secondo un’analisi Coldiretti su dati Aasps nel 2015 si sono registrati 214 episodi gravi di sinistri con animali dove hanno perso la vita 18 persone e 145 sono rimaste ferite. E intanto si moltiplicano gli avvistamenti di cinghiali a spasso nelle aree periferiche ma anche negli stessi centri delle città, tanto da essere arrivati persino a Roma, nella Capitale.

Dinanzi a tale situazione gli agricoltori della Coldiretti chiedono una riforma della disciplina sugli animali selvatici che garantisca l’indispensabile presenza delle aziende agricole a tutela del territorio. L’obiettivo dell’attività agricola e di allevamento – conclude la Coldiretti – non è, infatti, ottenere risarcimenti (che peraltro non coprono oggi che una piccola parte del danno, senza tenere in considerazione la perdita di quote di mercato né il valore del prodotto trasformato), ma fare impresa, producendo per i cittadini e non per animali selvatici e predatori.