Un tè all’Opera, don Enrico Grassini racconta le reliquie dei santi di Siena

«GAUDEAMUS omnes in Domino», “Rallegriamoci tutti nel Signore”, è l’antico canto gregoriano col quale la Chiesa da secoli inizia la liturgia di Tutti i Santi e che don Enrico Grassini ha scelto come titolo per introdurre ciò di cui, domenica 19 novembre, alle 15,30, parlerà nella Sala delle Statue al Museo dell’Opera della Metropolitana: «Il culto delle reliquie dei Santi in Cattedrale e al Santa Maria della Scala», per ‘Il Saloncino: un tè all’Opera’, il ciclo voluto dall’Opera della Metropolitana di Siena.

Don Enrico Grassini chiarisce. «I culti dei Santi e delle loro reliquie nel Medioevo, piuttosto che fanatismo, dimostrano un sentire devozionale e simbolico diverso dal nostro. La cospicua presenza a Siena di un patrimonio così importante di reliquie, spesso conservate in veri e propri capolavori di oreficeria, costituisce un vero e proprio patrimonio culturale e spirituale per la Città e la Chiesa di Siena. Esse testimoniano una stagione di grande respiro europeo, di scambi culturali ai massimi livelli, un ponte tra Oriente e Occidente che ha reso possibile una stagione luminosa da ogni punto di vista, molto più di quello che noi pensiamo, giudicando impropriamente con le categorie del nostro tempo».

L’antico Spedale di Santa Maria della Scala possiede un pregiato gruppo di reliquie contenute in artistiche teche realizzate in metalli e legni preziosi, sovente decorate con smalti e pietre. In particolare le più antiche e importanti provengono dalla città imperiale di Costantinopoli, acquisite nel 1359 dal S. Maria della Scala. La dotazione aumentò certamente il prestigio dello Spedale che, accostandosi sempre più all’Istituzione comunale, si imponeva come potente realtà sociale, culturale ed economica nel panorama della Siena del ‘300.

Fu un’operazione di propaganda, fede, prestigio: i pellegrini portavano risorse a Siena e quindi era importante che fossero attratti nel loro passaggio. «Il prestigio di un santuario o di un qualsiasi altro luogo di culto dipendeva anche dall’importanza delle reliquie che possedeva, perché attiravano pellegrini e viaggiatori.

Dovevano essere anche esposte ai cittadini. Così – continua don Grassini -, il 25 marzo, nella tradizionale data del Capodanno senese, per dimostrare ai fedeli questo spessore spirituale, le reliquie del Santa Maria della Scala erano esposte nella chiesa dello Spedale, che nella data dell’Annunciazione appunto, celebrava la sua festa titolare. Secondo un antico uso della tradizione romana, si procedeva all’ostensione delle reliquie e alla benedizione con esse anche nella settimana cosiddetta “in albis”, la settimana cioè dopo la Pasqua.

La motivazione era piuttosto comprensibile alla capacità simbolica dell’uomo medievale: le reliquie dei Santi rappresentavano ciò che la Resurrezione di Cristo aveva concretizzato nella loro vita. Come in Cattedrale le reliquie si mostravano ai fedeli dall’ambone dei Pisano, così è testimoniato come sulla facciata del S. Maria della Scala esistesse un piccolo pulpito da dove sempre in quei giorni si faceva la benedizione con le reliquie ai fedeli radunati nella piazza antistante».

Dal punto di vista storico e artistico, il “tesoro” del S. Maria della Scala, è impreziosito anche da un evangeliario (libro liturgico contenente i testi dei quattro vangeli in greco), sempre di provenienza bizantina, riccamente contenuto in una copertina decorata con metalli e smalti preziosi. Di rara bellezza anche i manufatti di oreficeria senese che testimoniano una scuola tra le più significative in Italia fra il XIII e il XIV secolo. Il cospicuo patrimonio di insigni reliquie a Siena comprende anche ovviamente quelle della Cattedrale e di altre grandi basiliche e antichi monasteri, con altrettanta preziosità di manifatture artistiche nelle quali sono contenute.

Basti pensare al reliquiario della Testa di S. Galgano o a quello del Braccio di S. Giovanni conservati nel Museo dell’Opera della Metropolitana.

Oggi, oltre il valore artistico e culturale, nel XXI secolo, quale è il significato di questo patrimonio? «Quello – conclude don Enrico – di farci riscoprire il valore della civiltà del simbolo, anche nel contesto religioso. E’ evidente che l’attaccamento dei fedeli andava oltre il valore in sé, o il problema dell’autenticità storica dell’oggetto. Era la potenza evocativa del simbolo che rendeva questi miseri resti umani o meno, oggetto di devozione, per quello che rappresentavano più che per quello che erano, ossia la meta di un cammino da raggiungere, che per l'”homo viator” medievale era l’ideale alto della perfezione cristiana».

Dopo la relazione, degustazione di pregiati tè provenienti da tutto il mondo. Ritiro biglietti dalle 10 alla biglietteria al Santa Maria della Scala (Info e prenotazioni 0577 286300, opasiena@operalaboratori.com, www.operaduomo.it)