Sant’Ansano, pensierino di un senese

Ormai da molti anni la Città celebra, il primo di dicembre, come Festa patronale, la solennità del martire Sant’Ansano, in antico meglio nota come inizio del freddo invernale

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Ormai da molti anni la Città celebra, il primo di dicembre, come Festa patronale, la solennità del martire Sant’Ansano, in antico meglio nota come inizio del freddo invernale:

Sant’Ansano, uno sotto e uno in mano” (di scaldini, ovviamente), diceva il proverbio.

Invece i Fiorentini, per sbeffeggiare i Senesi, usavano dire:

“Sant’Ansano e vu’ sete malati; San Crescenzio e vu’ calate; San Vittore e vu’ perdete; San Savino e sete matti.”

Infatti, come molti sanno, i patroni di Siena sono quattro: oltre a Sant’Ansano, San Crescenzio, San Vittore, e San Savino.

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La festa ha avuto subito grande popolarità, principalmente – oserei dire – per la partecipazione delle Contrade, che, a Siena, riscuotono sempre successo.

Il contrasto del buio della notte che incombe fa da sfondo ai colori del corteo delle bandiere e dei tamburi, mentre la luce dorata della Cattedrale è fonte di nostalgia per le giornate assolate del Palio che verrà. Ma non sarà necessario aspettare l’estate per tornare a respirarne l’aria.

Già allo spuntare dei fiori del mandorlo e del pruno, le valli e gli angoli della Città risuoneranno del rullar dei tamburi, e vedranno volteggiare le bandiere.

Ricominceranno le chiacchiere su cavalli e fantini in gara nei cento paliotti che scimmiottano Siena.

Insomma: la ruota continuerà a girare.

Caso mai, questo nostro particolare Capodanno contradaiolo potrebbe fornire l’occasione per riflettere seriamente sul futuro delle nostre secolari tradizioni e sul loro rapporto con una platea ormai planetaria, che le giudica e sempre più interferisce senza conoscerle a fondo.

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E i Senesi se ne rammaricano, dimenticando, però, che, nel ventunesimo secolo, è una pia illusione pensare di essere ancora cittadini della Repubblica di Siena.

Assai meglio cercare di dialogare col mondo cosiddetto esterno, e farlo in maniera non ringhiosa o miope, ma attingendo alla storica eredità civile di Siena, sebbene ormai assai intaccata.

Voglio dire: dedicare più tempo a rimarcare cosa fanno le Contrade fuori dal Palio, e, soprattutto, cosa fanno di nuovo per stare al passo con i tempi.

Purtroppo, ragioni di facile popolarità tra esaltare minuti dettagli della vita privata dei fantini e informare su iniziative di alto livello promosse dalle Contrade, spingono la comunicazione di massa invariabilmente nella prima direzione.

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Non esito a dire che il Palio, se abbandonato alla deriva attuale, dove la fanno sempre più da padroni interessi commerciali e professionali, rischia un’involuzione pericolosa che, per la sua notorietà globale, può diventare un rischio per l’immagine della Città, già compromessa per le tragiche vicende del Monte dei Paschi.

Come pensierino di Sant’Ansano, mi permetto, dunque, di proporre queste riflessioni.


Paolo Neri