Santa Maria della Scala: L’esposizione delle sacre reliquie dell’Ospedale

Nella seconda metà del Trecento il Comune e l’Ospedale del Santa Maria della Scala si trovano a gestire l’enorme investimento fatto con l’acquisto delle sacre reliquie. La città si era fortemente indebitata.

Il sacro chiodo di Cristo e le altre “sanctissime” reliquie, acquistate dall’ospedale di , nel 1359, giungono a Siena due anni più tardi, dopo un lungo viaggio in mare da Venezia al porto di Talamone. Lungo e anch’esso costoso, almeno a dar credito al cronista Agnolo di Tura, che afferma: “E spese il Comuno di Siena, solo a farli venire e onorarli libr. 1625”.

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L’accoglienza una volta arrivate in città è quanto mai festosa.
Ora l’ospedale e il Comune, ognuno per quanto di propria competenza, devono custodirle in una struttura degna della loro importanza ed esporle alla pubblica devozione in modo decoroso.
Quest’ultima esigenza, come è ovvio, è quella più impellente e, infatti, su sollecitazione del Rettore, i Dodici fanno edificare nei pressi dell’edificio ospedaliero un pulpito in marmo, coperto da un “pergholo” di ferro, dove le reliquie vengono esposte al pubblico durante le celebrazioni liturgiche.
L’opera, finanziata dall’ospedale stesso, viene iniziata nel 1361, quando le reliquie giungono in città, e termina nel 1364.
Il pergolo in ferro è lavorato da maestro Bertino, probabilmente da riconoscere in quel Bertino di Pietro, abile fabbro proveniente dalla Normandia, che nel 1360 era stato chiamato a Siena da Rouen per realizzare il “nuovissimo” orologio meccanico da posizionare sulla Torre del Mangia, di cui rimane “temperatore” per diversi anni.
Macchi localizza il pulpito all’esterno, tra l’ingresso attuale e la vicina porta murata, con accesso dalle scale dell’orologio, anche se già ai suoi tempi non c’era più, presumibilmente demolito dopo la metà del Cinquecento. Tale ubicazione è comunque confortata dall’affresco nel Pellegrinaio di Domenico di Bartolo “La distribuzione delle elemosine” (1442).

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Successivamente ci si preoccupa di dove conservare i sacri resti, e a tal riguardo l’ospedale decide di modificare la destinazione di un ambiente esistente all’interno della propria struttura in una cappella, ove potranno essere conservate “in sicurezza e onorabilmente”.
Lo spazio individuato è il portico duecentesco, adibito in origine ad usi civili e poi usato come chiesa. Si tratta dell’ambiente oggi conosciuto come la cappella del Manto, nome assunto dalla “Madonna di Misericordia” affrescata nel 1444 da Domenico di Bartolo, più tardi adibito a vestibolo (1610) e infine a Pronto Soccorso dell’ospedale.
Le opere iniziano a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta del XIV secolo, e non sono troppo impattanti: si realizzano nuove mezze colonne in pietra poste nella parete addossata al Palazzo del Rettore, si affresca tutto il locale ad opera di Cristoforo di Bindoccio e Meo di Piero (come dimostrano le firme lasciate dai due pittori sull’arco della prima campata verso la piazza), e si dota l’ambiente di un coro in legno eseguito da Cecco del Cianca, ancora esistente nel Seicento e oggi perduto, del quale purtroppo non resta alcuna descrizione o rappresentazione.
A conclusione di queste poche opere, la cappella si articola in una sola navata suddivisa in tre campate da crociere costolonate a tutto sesto, che si appoggiano sulle semicolonne sormontate da capitelli. L’ambiente è chiuso da un cancello di legno e sul lato che si affaccia nella piazza viene aperta una grande finestra vetrata. Per custodire i sacri resti, alcuni reliquiari e numerosi ceri, vengono fatti realizzare dei bauli chiusi da pesanti serrature.
Di pari passo alle opere interne finanziate dal Santa Maria, il Comune si accolla i lavori per predisporre uno spazio ampio e decoroso antistante all’edificio dove poter svolgere la nuova cerimonia di ostensione delle reliquie.
Si sceglie anche una ricorrenza per questa celebrazione, ossia il 25 marzo, data dell’Annunciazione di Cristo e all’epoca inizio del nuovo anno, ideale sia perché consente di ossequiare la Vergine e suo Figlio, sia perché arricchisce una festività mariana fino ad allora meno sontuosa e importante di quella di metà agosto. Anzi in questa scelta non è difficile cogliere la volontà di riservarla all’ospedale, lasciando all’Opera del Duomo la gestione di quella dell’Assunta.

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Così il Comune, ormai costretto ad accontentarsi della dimensione attuale della Cattedrale e a rinunciare al suo ampliamento, punta a rendere grandiosa anche la cerimonia di marzo, e a tal fine nel 1371 fa abbattere la loggia del vescovado “per avere maggiore piaza per mostrare l’arliquia”. Il loggiato, infatti, era di fronte all’antico palazzo vescovile e contiguo alla facciata del Duomo, sulla destra, sporgendo così tanto sulla piazza da occultare quasi completamente la visuale a chi proveniva da via del Capitano.
Per completare la scenografia laica della cerimonia religiosa, nel 1379, il capitolo dell’ospedale delibera il restauro del “sedio di fuore da la porta dello spedale, dove possano sedere e’ signori co’ gl’altri officiali per la nostra festa, quando si mostrano gl’arlique”. Si tratta dei sedili in pietra ancora oggi esistenti lungo la facciata del Santa Maria.
Gli ultimi lavori all’esterno vengono effettuati a fine secolo: nel 1397 si mattona almeno una parte della piazza “a piei le scalelle del duomo rimpetto allo Spedale”, e nel 1399 si innalza la colonna sopra a cui, di lì a qualche anno, si alloggerà la lupa senese, dal lato dell’odierna via dei Fusari.

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Per circa quaranta anni, dunque, sia l’ospedale sia il Comune si sono adoperati per sistemare al meglio le reliquie. Hanno investito molto nell’operazione, come visto, ma i riscontri positivi non tardano a venire.
Sin dall’arrivo dei reperti la chiesa dell’ospedale aveva ottenuto varie indulgenze papali, finché Urbano VI, pontefice dal 1378 al 1389, proprio per aumentare l’afflusso dei fedeli e incrementare le elemosine donate all’istituto, non concederà la possibilità di ottenere un anno e quaranta giorni di indulgenze, fornendo una formidabile occasione di guadagno per l’ospedale. In quegli anni si moltiplicano i lasciti in denaro e immobiliari a favore dell’ente, così come numerose e cospicue sono le donazioni in cambio della costruzione di cappelle con relative sepolture nella chiesa ospedaliera che ospita le vestigia di Cristo, di Maria e di tanti altri Santi.

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Insomma in una fase critica per la città e per il suo ospedale, affogato dai debiti, l’operazione propagandistica avviata con l’acquisto delle reliquie ha avuto enorme successo e i rientri, anche in termini economici, sono stati davvero insperati.

Roberto Cresti
Maura Martellucci