“Quando nasceste voi” si corteggiava galantemente

Un amore un po’ rétro quello raccontato nel canto “Quando nasceste voi”, fra rinascite floreali, madri attente e promesse di matrimonio

“Quando nasceste voi” è una canzone d’amore che sa di antico. Lo si capisce subito dall’uso del “voi” al posto del “tu”. L’uso di questa allocuzione è, infatti, ormai raro ai giorni nostri. Nel  canto l’innamorato rappresenta l’amata come una divinità pagana, come fosse Gea, la madre Terra. La bellezza della ragazza, infatti, farebbe rinascere la natura e addirittura sarebbe in grado di fermare la Luna. La giovane, nel mezzo delle parole di adulazione dello spasimante, chiede al “ricciolino d’amor” di provare ad avvicinarsi senza farsi scoprire dalla mamma di lei. L’attenzione dell’autorità materna è un altro segno di come l’amore rappresentato nel canto sia riferibile a un’altra epoca. Le intenzioni del ragazzo, comunque, sono serie. Propone infatti all’amata di sposarsi a Pasqua rosa, , nonostante la scarsità di mezzi economici. La data scelta sarebbe quella della Pentecoste, una solennità religiosa che la liturgia cattolica celebra di domenica, 49 giorni dopo la Pasqua, per ricordare la discesa dello Spirito Santo nel Cenacolo, sugli Apostoli e la Vergine, sotto forma di lingue di fuoco. Quest’ultimo particolare ha fatto nascere l’uso, in alcuni luoghi, di far piovere dall’alto petali di rose, ragion per cui tale solennità è anche detta, Pasqua rosa.

L’origine di “Quando nasceste voi” non è molto chiara. Si trovano infatti spezzoni del testo nei cosiddetti, dalla redattrice Caterina Bueno, “Stornelli mugellani” (il brano è chiamato anche “L’amore come l’ellera”). Addirittura è possibile trovare una frase di “Quando nasceste voi” in un testo, denominato “Il Nascere”, raccolto da Niccolò Tommaseo nella prima metà dell’Ottocento. E’ probabile che nel tempo singole frasi di un componimento siano state sviluppate autonomamente, fino a diventare altro. Questo processo è tipico della tradizione orale, ma potremmo accostarlo anche ai concetti modernissimi di “condivisione” e di “rete”.

Quando nasceste voi nacque un giardino
L’odore si sentiva di lontano
L’odore si sentiva di lontano
E specialmente quel di gelsomino

Vieni vieni vieni, o ricciolino d’amor
Bada ben che la mamma non veda
Bada ben che la mamma non senta
Vieni vieni vieni, o ricciolino d’amor
Bada ben che la mamma non veda
O bell’angelo del mio cuor

Quando nasceste voi nacque un bel fiore
La Luna si fermò dal camminare
La Luna si fermò dal camminare
Le stelle lo cambiaron di colore

Vieni vieni vieni, o ricciolino d’amor
Bada ben che la mamma non veda
Bada ben che la mamma non senta
Vieni vieni vieni, o ricciolino d’amor
Bada ben che la mamma non veda
O bell’angelo del mio cuor

E noi ci sposeremo a Pasqua rosa
E non c’importa se ‘un c’è niente in casa
E non c’importa se ‘un c’è niente in casa
Che quando c’è l’amore c’è ogni cosa

Vieni vieni vieni, o ricciolino d’amor
Bada ben che la mamma non veda
Bada ben che la mamma non senta
Vieni vieni vieni, o ricciolino d’amor
Bada ben che la mamma non veda
O bell’angelo del mio cuor

Emilio Mariotti

(Riferimenti bibliografici / Niccolò Tommaseo; Canti popolari toscani, corsi, illirici e greci; Girolamo Tasso editore; Venezia 1841)