Sappiamo difendere il Palio? Contro ogni semplificazione

Il professor Mario Ascheri è docente di Storia del diritto medievale e moderno.

Il Palio è sempre al centro dell’interesse dei senesi e non solo. Un approfondimento ampio su cosa è e su cosa potrebbe essere in futuro ce l’ha proposta l’anno scorso Mario Ascheri. Le argomentazioni del professore, uscite il 14 agosto 2015 sul numero 13 de “La Voce del Campo”, sono sempre attuali e meritano di essere riproposte:

Le 25 storie di Palio da poco in circolazione raccontate brillantemente da Maurizio Bianchini, oggi tra le memorie più consapevoli dei meandri della festa civica per definizione di Siena come si è sviluppata nel corso degli ultimi 40 anni, mi hanno sollecitato ad esplicitare qualche riflessione risalente, ma che ora anche la minaccia animalista mi pare abbia reso di una certa attualità. Gli attacchi al Palio, che non sono solo degli animalisti ma anche di raffinati scrittori e di meno raffinati politici alla ricerca di notorietà, da molti senesi non sono vissuti – via via – come espressioni di inconsapevole e fanciullesca invidia profonda, e/o di incapacità di capire un’acca di un evento molto complesso (anche perché spesso spiegato in modo troppo semplificato: ma è non semplificabile!) e della terribile sensazione di vuoto del proprio vissuto urbano rispetto alla ricchezza di socialità, tradizione ed efficienza che il Palio periodicamente esprime. Sono, le critiche, vissute piuttosto come una intrusione in casa altrui, un territorio a se stante fuori del tempo e della storia epperciò come atti primitivi, barbarici, con una sufficienza talora infantile e sempre pericolosa. Perché? Per le reazioni che suscita nel destinatario, specie se già poco ben disposto di per sé nei confronti della troppo fortunata (fino a ieri, beninteso) città del Palio. Noi invece saremmo i portatori della Civiltà: chi non è dei nostri non può capire perché ‘costituzionalmente’ esterno, un poveretto impreparato, inadatto, sfortunato, bollato dalla perifericità/infelicità del suo status di estraneo…

Solo i sublimi, Luzi da ultimo e prima di lui i tanti affascinati da Siena, con qualche filmato, verso o scritto, hanno dato mostra di capire qualcosa e sono stati ammessi nella Civiltà; sono quelli che ci confermano nell’essere ancora più consapevoli del nostro orgoglio. Ho estremizzato? Naturalmente sì, ma era utile schematizzare per esplicitare meglio le ragioni profonde del contendere e la difficoltà di comunicare tra senesi e forestieri. L’umiltà finisce probabilmente, e invariabilmente, per mancare da una parte e dall’altra, con il risultato che ‘fuori’ si è autorizzati a confermare e a diffondere l’idea di una Siena turrita raccolta nelle sue mura, tutta autocompiaciuta e incapace di guardare fuori di una spanna. Nell’allocuzione d’addio dello stesso Profumo c’era naturalmente anche questo, a parte l’acuta, e forse involontaria, osservazione che la città la ha lasciata così come l’ha trovata (ossia nello stesso sonno autocompiaciuto?). Dal Palio al Monte si può fare un certo percorso, in effetti. I senesi, salvo i pochi inarrestabili illuminati soliti a pontificare su tutto (ma guarda caso sempre nei tempi sbagliati!), non avrebbero capito che c’era da fare sistema con altre realtà ormai e hanno invece perseverato fino ad autodistruggersi nel loro anacronistico campanilismo interpretato, ahimè, da un gesto folle di presuntuosa onnipotenza (se pure è solo questo che verrà accertato….).

Insomma, che voglio dire? Che con un’immagine già compromessa per i noti motivi, Siena rischia di frantumarsi, di perdere ancor più nitore e credibilità esterna anche per il modo di gestire il Grande Evento. L’osservatore attento capisce, beninteso, e continua a diffondere pubbliche e private rappresentazioni positive del Palio: venite, venite allo Spettacolo Più Bello del Mondo, come pubblicizzava il patetico Buffalo Bill da vecchio ormai! E la gente viene, tanto che non si gira in città nonostante il caldo, con palese soddisfazione di esercenti, di musei ben pubblicizzati e di guide turistiche autorizzate e non…la folla non manca ai vari eventi in diretta e in contemporanea la sera: se poi si può entrare eccezionalmente in Sant’Agostino, ad esempio, per grandi esecutori, perché no? Tutti soddisfatti, salvo qualche mugugno marginale, tipo Accademia dei Fisiocritici, che finirà – speriamo – per avvantaggiarsi di qualche provvidenza di Franceschini, ora anche attento alla cultura scientifica visto che si sta ricentralizzando tutto il potere nella penisola – salvo la sanità. Ma il problema culturale centrale resta, e bisogna allora chiedersi se non abbiamo qualche responsabilità anche noi e quindi anche, e soprattutto, cosa si debba fare per fermare il trend nei suoi aspetti meno apprezzabili. Io ingenuamente persevero a credere nell’umile verità, anche senza essere francescano, e credo anche che essa (Verità, sempre rivoluzionaria) ci possa salvare se sappiamo gestirla. Che vuol dire? Che bisogna saper dire a tutti, amici e nemici del Palio (ma anche a noi stessi), che sono di fronte a un Evento grande come ben avvertito, amici e nemici, ma – questo è il punto! – non già perché ‘medievale’ (grande balla, come l’ospedale più antico e la banca più antica!), ma perché frutto di una ininterrotta evoluzione nel corso dei secoli fino ad oggi. Noi non ripetiamo, sarebbe banale, Watson, noi ricreiamo ogni volta qualcosa di nuovo!

Il Palio, si vuole capire?, è grande perché i senesi l’hanno migliorato, arricchito, modificato! Accarezzandolo in mille modi con grande amore, con il passare del tempo. Da origini modeste istituzionali, ufficiali, del Comune, a grande manifestazione di Popolo, quali che possano essere le oligarchiette, anche tante, capaci di cogliere l’affare e di sfruttare l’Evento pro domo sua che qua e

Mario Ascheri

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là nel tempo possano individuarsi. Del 1239 si ha la notizia lapidaria, significativa finché si vuole, ma che avvolge il Palio nel mistero. Ma che si corresse qui e altrove chi ne dubita? Il cavallo troneggia negli affreschi della grande civiltà etrusca (ma Siena non ne ha alcuno, che io sappia) ed era amico dell’uomo ‘per forza o per amore’ ovunque: a Troia non si sarà pensato all’universalmente affidabile cavallo pour cause per il Grande Imbroglio? Che poi, oltreché per l’Assunta, si corresse nel Medioevo a Siena come altrove per beati benemeriti della città o per santi nel cui giorno la città si era salvata dai soliti ‘malvagi e malevoli’ che volevano distruggerla, nulla toglie al suo carattere pubblico, istituzionale. Nel 1310 soltanto, finalmente, si ebbe la previsione ufficiale per legge del Palio, la prima, che è però coeva – cosa molto significativa – del divieto di feste, aggregazioni varie ecc. Tutto sotto controllo dei vigili (e impauriti) Nove che ‘democratici’ come vengono dipinti da ingenui esaltatori che non sanno distinguere (per un po’ ci sono stato anch’io) non tolleravano la libertà di associazione: come quella che dava luogo alle pericolose ‘pugna’. Il Palio del 15 d’agosto continuò tranquillamente con la partecipazione di Signori forestieri invitati (una specie di EXPO per l’esaltazione reciproca dei partecipanti), ma le personalità dei fantini, ad esempio, e se ho ben capito, cominciarono ad emergere proprio e solo in riferimento ai Signori! Dal tardo Quattrocento, quando compaiono anche consolidati i gruppi ludici dai quali grosso modo si svilupperanno nel corso del Cinquecento le contrade con la fine della libertà repubblicana della città. Ma più che palii con i cavalli le contrade organizzarono prima cacce di tori, bufalate, tornei, esibizioni.

Solo con la metà del Seicento, in piena decadenza dell’Italia (si dice), siamo al Palio delle Contrade, parallelo e ben diverso da quello comunale! E solo nel primo Settecento, entro il 1730, l’anno del bando di Balia con i confini, si consolidarono delle regole mille volte prima modificate ogni anno (il libro dell’Onda-Tartuca sul palio a mezzo del 1713 lo fa vedere bene): sui cavalli, estrazione, fantini ecc. E nell’Ottocento? Il masgalano c’era da tempo ma si videro cortei storici di uno sguaiato che suscitarono ire giustificatissime. E i nobili, prima solo protettori esterni? Poi tutti lo sono diventati, si sono nobilitati…pagando. E i drappelloni? Vennero venduti molti per comprare qualche arredo alla chiesa! Non a caso pochi gli antichi conservati a solo dal ‘700, quando tanti laici (a volte addirittura massoni!) ormai ne avevano abbastanza dell’avidità ecclesiastica e dell’ingenuità superstiziosa delle beghine… Non parliamo della mossa e della rincorsa che solo entro l’Ottocento assunse grosso modo l’infelice (a mio avviso) veste attuale – bisognosa di riforma, di sicuro per evitare troppi facili abusi dei soliti furbetti. E i cavalli, che ora furono dei postali, ora brenne (come quella del Bianchini, da passeggio, reclutata all’ultimo momento: nel ’70 badate, cioè nel 1970, non nel 1370!), ora purosangue, ora mezzosangue con controlli procedure ecc. un tempo impensabili e non pagabili (pensavano alle opere d’arte grazie a Dio!).

Morale? Il Palio è grande perché si è rinnovato sempre suscitando sempre anche il rimpianto: ‘in passato non avvenivano le cose scandalose di oggi…’ quante volte si sarà detto in ogni epoca? Bianchini ha concluso un’intervista paragonando il Palio di ‘allora’ (40 anni fa) a quello odierno. Ha ammesso: “Assolutamente sì (c’è differenza, n.d.r.), la cultura del Palio (di quale secolo? n.d.r.) va sparendo. A partire dai cavalli che vengono scelti, al modo di viverlo. Ogni generazione ha il suo Palio, ma ora sembra stia scemando sempre più” (e qui si apre un discorso sulle contrade da lasciare ad altro momento: meno caldo, per Sant’Ansano…). Detto questo, e se si capisce, non ci si deve scandalizzare di niente e anche il prepotere (in declino?) dei fantini (e dei cavallai?), un fatto recente, di pochi decenni, potrebbe venir meno presto. Non solo bisogna esser pronti a modificare questo o quel momento dell’Evento perché utile, a noi, ai cavalli, alla Festa ecc. ecc. ma bisogna soprattutto farlo capire agli ignoranti ed allibiti foresti. Non esiste un Palio fuori della Storia, un Palio metafisico, quello che ispira i poeti, per intenderci! E noi non siamo affatto ‘medievali’, non siamo quelli dell’Inquisizione e delle torture (a uomini e bestie) dei musei fasulli proliferanti ovunque per malcapitati gonzi: lo volete capire? Siamo modernissimi invece (e questo dà noia), e perciò possiamo seguire i cavalli con un amore mai prima (e altrove) praticato (ma andati, vivaddio, dove si corre in altro modo…), e con una saggezza ormai plurisecolare abbiamo saputo forgiare un gioco tirannicamente partecipato (siamo, lo sanno anche i giornalisti più giovani, patria degli ossimori), una tradizione saldissima quanto flessibile. E infatti migliorabile sempre, ma già ora di grande “effetto” – come si dice in un inno di contrada.

Persino nel corteo storico, per il quale Patrizia Turrini ed io (del popolo della Torre e dell’Onda, per chiarire) abbiamo proposto modifiche storicamente fondate per la prima occasione possibile. Provate voi a fare altrettanto se siete bravi. Poi, ora che con la tecnologia tutto sempre possibile, dovrebbe esservi anche più facile, no? Aspettiamo fiduciosi a vedere se siete più bravi della Storia e di che cosa ci ha saputo fare un popolo da poco sconfitto e umiliato (dalle armi fiorentino-spagnole). Siamo anche pronti a venire ad ammirarVi e a dirvi bravi quando l’avrete saputo meritare. Intanto però venite a Siena umilmente, com’è umile chi vi parla, pronti ad ammirare. Chiedete anche, se non capite: tutti sono gentili e pronti a rispondervi. Beninteso: se partite con il piede giusto…

Mario Ascheri