La vita del Palio: radici e futuro

Il mossiere ha appena aperto la busta chiamando le Contrade al canape. E’ il 17 agosto, il Palio è stato rinviato di un giorno per la minaccia della pioggia e di una mancata sicurezza per cavalli e fantini. E’ appena passato quel silenzio assordante dell’apertura della busta e per un attimo, piegando la testa, si nota quella che è l’immagine più bella di questo Palio: la vita. In un palco al Casato, una mamma allatta suo figlio mentre non distoglie l’attenzione dal canape.

Non si era mai visto qualcosa del genere e niente, forse nemmeno la tenerezza più pura, accade per caso. Forse anche un gesto quotidiano d’amore diventa straordinario segnale sul quale oggi, a riflettori spenti, vale la pena riflettere.

Questa donna, una donna come tante, che tra le braccia stringe il figlio e un fazzoletto, conduce a una serenità lontana dai clamori che hanno gettato ombre pesanti sulla Festa di Siena. Non è il caso di paragonare l’immagine all’Assunta, per ovvi motivi, eppure il pensiero corre alla storia di questa città, ai maestri che l’hanno resa fastosa, ai fondi oro, alle Madonne di Duccio e soprattutto a quella celebre di Ambrogio Lorenzetti, considerata la massima espressione della rappresentazione umana della ‘Madonna del Latte’ (che, tra l’altro, si celebra il 2 luglio).

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Una parentesi improvvisa e brevissima che ha lasciato spazio alla tenerezza ma anche alla forza. Non c’è niente di più forte della vita e non c’è niente di più vero di un legame tra le radici e il futuro. Sensazioni che si sono accavallate vorticosamente in un attimo, un attimo solo, perché si torna immediatamente a guardare i cavalli al canape.

Eppure quell’immagine non ci ha lasciato e oggi abbiamo deciso di pubblicarla perché è il senso della vita che si lega al Palio. Una Festa che non è intoccabile (come ha avuto a dire un individuo anonimo in cerca d’autore  grazie a Siena) ma non è intoccabile perché non lo è mai stata. Perché il Palio, nella sua storia, proprio come accade nella vita, ha subìto delusioni, pause (durante la guerra, non certo per il solito individuo che capeggia altri individui anonimi in cerca di autore), ritmi forzati, a volte violenze. Come questa volta. Una nuova ferita nell’anima di una Festa che è una battaglia ma prima di tutto un gioco.

E come sempre accade alle cose forti che hanno radici solide, il Palio ce l’ha fatta. Sempre. Evolvendosi, crescendo, maturando, percorrendo la propria vita come fanno gli esseri umani e gli animali ognuno col proprio destino e con la propria finalità in questo passaggio terreno. Il Palio che nasce dal ventre di questa Sena Vetus Civitas Virginis e che ne è creatura gelosamente custodita, almeno finora. Il Palio ferito forse prima di tutto dagli stessi senesi incapaci spesso di trovare misura nella gestione di una effimera visibilità da social network, il Palio più forte di tutto – dell’individuo che cerca fama e dei suoi simili che lo hanno preceduto ma che hanno dovuto desistere – il Palio racchiuso prima ancora che in un nerbo alzato, in un fondersi infinito di radici e futuro, il Palio che ha vita dal latte di questa città.

 

Katiuscia Vaselli