Nasce il Palio di Provenzano

Dal 1656 in onore della Madonna di Provenzano si corre il Palio del 2 luglio. Ecco come è nata la devozione dei senesi alla Madonnina salvata dal fucile dell’archibugiere spagnolo.

Il 1 luglio 1594, tra i miracoli già attribuiti alla statuetta della Madonna di Provenzano salvata dal fucile dell’archibugiere spagnolo (che fine aveva fatto il soldato? Alcune versioni raccontano che morì nello scoppio dell’archibugio, mentre altre lo danno come pentito e convertito al culto della Vergine), se ne verifica uno davvero straordinario: mentre si adorna il tabernacolo per il giorno successivo, 2 luglio, in cui si celebra la Visitazione di Maria (non a caso), una prostituta del rione, tal Giulia di Orazio, colpita da un male incurabile, inizia a schernire gli uomini al lavoro e a bestemmiare la Madonna.

Poco dopo, però, viene colta da un improvviso pentimento e comincia ad invocare il nome della Vergine ed a chiedere perdono di fronte alla statuetta. Il giorno dopo Giulia si sveglia completamente guarita e ben presto la notizia del miracolo fa il giro della città, aumentando a dismisura la venerazione verso l’immagine mariana.
Ma non è il solo: Stefano d’Agnolo detto il Sarteano, dopo varie apparizioni della Vergine, riacquista la vista; Pietro e Maddalena Vernale, che abitano nella casa davanti a quella in cui si trova la statuetta, gravemente malati si affacciano alla finestra per pregare la statua e guariscono.
Come si capisce sull’origine di un culto così sentito i fatti storici si sono intrecciati a leggende e racconti popolari. Non manca nemmeno uno dei protagonisti della Siena del Cinquecento, Brandano, il “pazzo di Cristo” che in un sermone prima della morte (1554) sembra predire questi avvenimenti: “Siena!… Io vedo i tuoi mali e non posso rimediarvi, perché Iddio è troppo adirato con te, Siena!… Metti la Signoria nel crivello, sinnò andrai in bordello! Siena!… Manda le tue figliuole scalze a far penitenza in Provenzano, perché t’è vicina a venire addosso una gran piena che t’affogherà… Senesi! Il vostro benessere è riposto in Provenzano e l’alta Regina che ha guardata Siena, la guarderà in eterno”.

Come sia la devozione dei senesi e soprattutto della povera gente del quartiere di Provenzano (popolato di barboni e meretrici, come ci raccontano anche oggi i nomi delle sue strade) alla “Madonnina ferita” raggiunge dimensioni tali che si decide di costruire un santuario per conservarla. L’arcivescovo di Siena Ascanio Piccolomini, preoccupato dal diffondersi della nuova devozione e della sua conformità alle severe prescrizioni dettate dal Concilio di Trento, in un primo momento tenta di frenare il fenomeno proibendo, per esempio, di accendere lumi sotto l’icona e permettendo l’affissione dei voti solo di notte.

In seguito informa, però, dei fatti senesi papa Clemente VII e il 20 ottobre 1594 la Congregazione dei Sacri Riti dispone che “è bene che non solo [l’immagine] si conservi, ma si aumenti la devozione della gente, e che però procuri che quell’Immagine sia tenuta con il decoro che conviene”. Se ancora non si ebbe il riconoscimento del miracolo la delibera contiene importanti disposizioni per la costruzione del futuro santuario: “con l’oblazioni et elemosine delle persone devote si può fabbricare una Chiesa è bene farlo, et se non si può per ora fare una Chiesa, si faccia almeno una Cappella da potervisi celebrare …”.
I lavori della basilica, affidati agli architetti senesi Domenico Schifardini e Flaminio del Turco, iniziarono nel l’anno successivo e terminarono nel 1611 e il 23 ottobre viene traslata, con una processione solenne, la statuetta miracolosa della Madonna detta di Provenzano (almeno quello che ne restava dopo il colpo dell’archibugiere, cioè il volto e la testa: in origine si dice fosse a figura intera, probabilmente con il Cristo morto sulle ginocchia) nella nuova Collegiata da poco benedetta (il 16 ottobre). Dal 1656 in onore della Madonna di Provenzano si corre il Palio del 2 luglio.

Maura Martellucci
Roberto Cresti