La fonte di Valdimontone (o di Porta Giustizia)

“S’è sempre saputo che sotto il ristorante All’Orto de’ Pecci c’era una fonte medievale: è quella di Valdimontone? E’ quella di Porta Giustizia? Roberto Cresti ci aiuta a capirne di più. Resta il nostro sogno di renderla praticabile alle visite e di far conoscere a tutti (e non solo a noi addetti ai lavori della Cooperativa La Proposta) questo monumento, ultima testimonianza del Borgo Nuovo di Santa Maria” commenta il professor Duccio Balestracci in merito al nuovo lavoro di ricerca di Roberto Cresti sulla fonte di Porta Giustizia, un lavoro che porta alla luce diverse novità. Al momento la fonte non è visitabile perché è è piena d’acqua ma l’intento della cooperativa sociale Le Proposta, che gestisce l’Orto de Pecci, sarebbe svuotarla e renderla fruibile.

Intorno alla metà del XV secolo il Comune di Siena cedette il possesso della fonte di Valdimontone all’Arte della Seta, di fatto “privatizzandola”. La Corporazione utilizzò la sua acqua fino agli anni settanta del Cinquecento, ed è per questa ragione che è denominata “fonte de’ setaioli” nella pianta dei bottini e delle fonti senesi, eseguita poco prima dell’assedio del 1554-55 da Giovanni Battista Belluzzi. A questa “seconda vita” della nostra fontana risale l’arme dei monaci cistercensi di San Galgano che campeggiava all’interno della struttura, insieme alla Balzana e al Leone del Popolo, come è riportato in un manoscritto di inizio Settecento. A tal riguardo la domanda sorge spontanea: perché l’emblema araldico dei monaci si trovava su una fonte di proprietà dei setaioli? La risposta è più semplice di quanto si pensi: come annota Gregorio Lombardelli nella Vita del Gloriosissimo San Galgano senese da Chiusdino (1577), dopo vari spostamenti nell’aprile del 1477 la preziosa reliquia della testa di Galgano Guidotti trovò collocazione nell’altare maggiore della chiesa di Santa Maria Maddalena al Ponte di Romana, che già dalla prima metà del Duecento era possesso dei cistercensi di San Galgano. Un paio di mesi dopo il santo fu eletto protettore dell’Arte della Seta, che da allora ogni 3 dicembre ne celebrò solennemente la festività nella detta chiesa. La Sacra Testa, custodita all’interno di un reliquiario in argento dorato eseguito da Pace di Valentino tra il 1260 e il 1270, fu riposta in un tabernacolo marmoreo attribuito a Giovanni di Stefano, che una volta demolita la chiesa alla fine del Settecento, fu sistemato nel muro di cinta del giardino di Palazzo Bianchi in via Roma, dove si trova ancora oggi. Nel frattempo, sin dal 1549 la reliquia era stata traslata nella vicina chiesa di Santa Maria degli Angeli, detta “Il Santuccio”, per timore che le guarnigioni spagnole alloggiate presso la Maddalena potessero depredarla o profanarla. Ancora nel Settecento ogni 3 dicembre il magistrato dell’Arte della Seta vi si recava con un’offerta di sei ceri.

Compreso il legame tra i monaci di San Galgano e la Corporazione dei setaioli, decisamente più complesso è stabilire dove si ubicasse la fonte di Valdimontone. Ai primi del Novecento Fabio Bargagli Petrucci riferisce che già allora erano “quasi scomparse le traccie edilizie di questa fonte che a mala pena si riconosce in un fabbricato isolato e interrato nel piano, così detto, di Porta Giustizia”. Aggiungendo che “chi volesse ora rintracciar le vestigia di questa che non fu 1’ultima delle belle fonti senesi, dovrebbe adattarsi a scendere una scala a pioli in un buio sotterraneo, coperto tuttora di volte livellanti col piano degli orti che stanno attorno e sopra, e nel fondo di essa troverebbe anche oggi un palmo di acqua puzzolente e limacciosa”. Verosimilmente ad essa si riferisce anche la notizia che nel 1909, durante i lavori di ristrutturazione di una casa colonica all’Orto dei Pecci, all’epoca di proprietà della Società degli orticultori, fu rinvenuta nel sottosuolo “un’antica fonte che si può credere d’epoca romana”.

Autore anonimo, pianta allegata al volume di Marina Gennari in “La orribile scossa della vigilia di Pentecoste”

Accanto ad essa, e allo stesso livello, erano ancora visibili le tracce di un antico lastricato stradale. Sia quest’ultima notizia che la descrizione di Bargagli Petrucci sembrano riferirsi ai resti di una fonte che ancora oggi sono visibili al di sotto del fabbricato che ospita il ristorante All’Orto dei Pecci. Scendendo in un angusto magazzino posto a destra dell’ingresso, si intravede un’ampia vasca che raccoglie una notevole quantità d’acqua, la quale arriva a getto continuo dall’alto, come verificato da chi scrive circa un mese fa. Da qui defluisce nel fontino delle anatre posto di fronte al ristorante, e poi prosegue verso sud.

La struttura sembra estendersi tra la cucina e la pizzeria, ma in parte anche al di fuori della sagoma dell’edificio. Tra l’entrata del ristorante e la parata che oggi ospita la pizzeria, si può notare un piccolo arco tamponato attraverso il quale, prima della ristrutturazione del fabbricato, si poteva forse scendere alla fonte. Essa viene rappresentata nella pianta di Siena ad acquarello redatta da autore anonimo all’inizio dell’Ottocento, dove viene segnata come “fonte di Porta Giustizia”, adiacente alla via omonima. In effetti, la sua posizione sembra confermare che si ubicasse all’interno dell’edificio colonico che oggi ospita il ristorante. Anche nella mappa del Catasto Generale Toscano (“Catasto Leopoldino”) di metà Ottocento è rappresentato il casolare dell’Orto dei Pecci, nonché un piccolo fabbricato di fronte, denominato “fonte”, che sembra da riconoscere nella piccola vasca delle anatre.

 

fonte – interno

Se ne può concludere, pertanto, che l’antichissima fonte di Valdimontone, presumibilmente sin dall’epoca in cui appartenne ai setaioli, dovette essere inglobata all’interno di una struttura in muratura e usata per la lavorazione dei tessuti. In effetti anche nella celebre veduta cittadina di Francesco Vanni (ca. 1595), uno dei pochissimi fabbricati presenti nella vallata si trova a lato della strada che conduceva alla Porta Giustizia; potrebbe trattarsi di quello ormai abbandonato dai setaioli, più tardi trasformato in casa colonica e oggi sede del ristorante All’Orto dei Pecci.
Roberto Cresti