“La bianca luna” testimone di un amore nascosto

“La bianca luna”, che testimonia o rappresenta un amore clandestino, è uno degli stornelli senesi più dolci e sognanti

La luna e il mare sono due elementi naturali che da sempre affascinano l’uomo. Insieme poi riescono a riverberarsi e a riflettersi l’una sull’altro creando immagini ed emozioni indimenticabili. Un po’ come l’amore quindi. Un sentimento vissuto al chiaro di luna e in riva al mare è la contraddizione di un attimo infinito. L’autore/autrice (o gli autori, con i canti popolari non si sa mai) di questo canto conosce tale condizione e canta all’amata/o la bellezza del nostro satellite. I due protagonisti sembrano essere più amanti che fidanzati, obbligati a rifugiarsi o a volare con la mente verso un luogo dove il loro amore possa esistere, lontano dagli occhi indiscreti della gente, se non quelli del Padre eterno. Nel testo non viene rappresentato un sentimento carnale, bensì uno più mentale e curativo. La frase finale “e ci consoleremo / parlando del nostro amor” è significativa. I due, al momento dell’agognato incontro, non faranno sesso, ma cercheranno di rassicurarsi l’un l’altra, si vede entrambi feriti dai dolori della vita. Un po’ come gli amanti  del quadro di Marc Chagall che abbiamo scelto come immagine principale.

Le note che accompagnano il testo sono dolci e malinconiche, anzi sognanti. Nella storia della musica non è una novità quando si parla di “luna” (del mare ne parleremo meglio analizzando altri canti), com’è possibile capire ascoltando un capolavoro come “Clair de lune” di Claude Debussy, il visionario “Pierrot Lunaire” di Arnold Schönberg o la più recente “Moonflower” (Flor de luna) del chitarrista messicano Carlos Santana. Questa idea ricorrente – e forse per qualcuno stereotipata – del satellite della Terra viene fuori con ancor maggior forza nella poesia. Di esempi ne potremmo fare milioni, ma ci limiteremo a citare la leopardiana “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” o “Claire de lune” del poeta francese Paul Verlaine. Quest’ultima ispirò Debussy nella composizione del brano omonimo. Addirittura c’è un poema di Jacopo Andrea Vittorelli che comincia proprio con “Guarda che bianca luna!” e che è stato musicato da Franz Schubert. Chissà che non sia stata proprio questa “accoppiata”, per usare un termine paliesco, ad aver ispirato chi creò il canto gentile che ancora possiamo sentire per le strade di Siena.

Guarda la bianca luna
coi raggi suoi sul mare,
vieni con me a vogare,
sul mare ti porterò.

Guarda la bianca luna,
in mezzo al mar risplende
e solo Dio ci sente
parlare del nostro amor.

Quando saremo uniti,
insieme noi staremo
e ci consoleremo
parlando del nostro amor.

Emilio Mariotti

(Riferimenti bibliografici / Aa.vv.- Di Siena la canzone, Nuova Immagine ed. Siena 2004)