Il Palio dei millennials – Quanto è social il nostro Palio?

Si può riuscire a conciliare in modo positivo l’esperienza dei giorni di Palio con l’utilizzo dei social network? Mentre le strade si colorano delle bandiere e dei braccialetti delle consorelle sembrano fare così anche la bacheca di Facebook o la home di Instagram dei contradaioli ormai da diversi anni. I social ci tengono costantemente informati, come fanno per le notizie quotidiane, anche sulle vicende dei quattro giorni, dalle prime ipotesi sulle monte agli aggiornamenti sull’annullamento delle prove in caso di pioggia. Ma in che modo è cambiato il nostro modo di vivere il Palio attraverso i social, in particolar modo per i millennials? Rispondono Asia Ceccherini (nella foto di copertina) e Giulio Guerrini (nella foto, sotto), giovani millennials contradaioli che come tutti i loro coetanei digitalizzati fanno uso dei social, ma che sono comunque molto legati alla tradizione.

Giulio Guerrini

“I social vanno sempre usati con coscienza, è bello poter condividere i momenti speciali dei giorni del Palio, ma al tempo stesso bisogna ricordarsi che i social non riflettono la realtà. – spiega Asia – La rivalità tra contrade per esempio è bella quando è autentica, radicata, vissuta con tutte le sfaccettature e controversie, ma quando entra nella realtà digitale perde tanto del suo sapore, e rischia di far sembrare tutto piuttosto ridicolo”. È difficile in effetti riuscire a tradurre in termini digitali anche le particolarità della nostra festa, anche se rimane forte la volontà di raccontare soprattutto per i più giovani, che per loro postare sui social è anche un po’ un modo di raccontare se stessi. L’atteggiamento di apertura non è affatto negativo ed è bello provare raccontare qualcosa in più a chi non è di Siena e del Palio non vede ancora nulla oltre la corsa. “Il mio consiglio è quello di staccarsi per un attimo dai telefoni – sostiene Giulio – e godersi semplicemente e spontaneamente i momenti passati in contrada mentre si canta, si sta insieme e si passa così il tempo tra una prova e l’altra. Altrimenti capita di dimenticarsi dell’unicità degli attimi”. A volte è il caso di soffermarsi e godere dell’atmosfera che si sta vivendo, pura, diretta, senza filtri, invece di scrollare compulsivamente nello schermo come passivi spettatori della documentazione dei momenti degli altri, o passando il tempo a collezionare più materiale digitale possibile da condividere. È il caso di soffermarsi per una questione che va oltre l’etichetta, i contenuti da pubblicare e l’immagine ma per salvaguardare lo spirito di queste novantasei ore. Una storia su Instagram dura ventiquattro ore, il ricordo di un’emozione può durare una vita intera. 

Clelia Venturi