Il carnaio è pieno. Al Santa Maria della Scala si fa il cimitero

Al Santa Maria della Scala il carnaio è pieno ed emana un forte fetore. Finalmente, i morti vengono sepolti nel cimitero.

Per accogliere i morti all’interno del Santa Maria della Scala, fin dalle disposizioni del 1262, viene istituito un carnaio vicino al quale Ambrogio Lorenzetti nel 1341 dipinge la cappella intitolata a Santa Cristina.
Il carnaio ha continuato a funzionare per secoli come deposito di cadaveri, anche se nel XVI secolo risulta ormai incapsulato nelle costruzioni dell’ospedale, pur essendo periodicamente svuotato.
Conosciuta anche come la “sepoltura grande” venne chiusa definitivamente il 27 maggio del 1572, al tempo del rettore Girolamo Beringucci, “per essere piena”. La documentazione ricorda che la sepoltura era composta da 87 avelli e che da essi vennero tolte, si dice, “le ossa di 2260 corpi secondo le teste”. Le ossa scavate vennero nuovamente tumulate “nel canto dell’orto a’ piedi le finestre della cucina dell’infermi dove è una sepoltura quadra”.
Nel 1575, in occasione della visita pastorale di Egidio Bossio, venne compilata una relazione nella quale vengono descritte anche le zone destinate alle sepolture. Nella relazione si legge che nel cimitero vi erano due fosse comuni contenenti, addirittura, centomila ed ottantamila cadaveri. Dalle parole della relazione sembra trapelare l’idea che in un primo tempo venissero murati anche dei loculi singoli, situati nei sotterranei, nei quali collocare i corpi con maggiore dignità rispetto alle fosse comuni, ma questo modo di sepoltura divenne impensabile con l’accrescersi del numero delle persone accolte dall’ospedale e nei periodi di gravi epidemie tanto che l’istituzione di fosse comuni divenne forse la sola soluzione praticabile.
Nel 1575, in effetti, viene aperta una seconda sepoltura, svuotata poi nel 1590, e questa si trovava “a mano manca nella compagnia di san Girolamo sotto l’ospedale quando si entra nella Compagnia dell’Oratorio”.
Due anni dopo, nel 1592, il problema dei cadaveri (con conseguente emanazione di odori insopportabili e possibilità di malattie) diviene veramente pressante; pertanto venne edificato all’esterno il nuovo cimitero, posto in fondo al vicolo di San Girolamo e la sua esatta ubicazione è ancora visibile nella pianta che nel 1605 Francesco Vanni presentò a Ferdinando de’ Medici.
Si legge nei libri dell’ospedale: “Il cimiterio o vero camposanto dove ora si seppelliscono li morti insieme con l’andito scala che conduce a detto cimiterio fu cominciato il 2 di settembre 1492 al tempo del Cav. Claudio Saracini nostro rettore per ordine di messer Antonio Beringucci suo coadiutore da m° Iacomo di Pietro nostro muratore e vi si cominciò a seppellire il 15 giugno 1593 essendo prima stato benedetto da reverendo M. Bartolomeo Volpini cerimoniere di Mons. Arcivescovo il dì 3 del medesimo mese e questo si fece rispetto alla grande puzza e fetore che rendeva il luogo ove fino a quel giorno si era usato seppellire”.

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Tra i numerosi interventi edilizi, di miglioria, di restauro ma anche di modifica, voluti e realizzati nel corso del rettorato del cavalier Agostino Chigi, durato dal 1597 al 1639, è da annoverare la creazione di varie sepolture nella chiesa della Santissima Annunziata destinate ad accogliere i resti dei corpi della “maggior parte de’ rettori dello spedale passati e quegl’a venire, et a piedi di essa una per li clerici et un’altra per li ministri più principali della casa”.

Agostino Chigi, nel 1613, dispose che nella sepoltura grande dei rettori, posta “quasi in mezzo alla chiesa”, venissero riposte “l’ossa, armi e cognomi di tutti li rettori dal 1300 in qua”. Le prime spoglie riposte sono quelle di Giovanni di Tese Tolomei, morto nel 1339, e ai lati del sepolcreto dei rettori furono disposti i resti mortali dei ministri e dei sacerdoti.

Racconta Girolamo Macchi: “La sepoltura in chiesa grande per li rettori sacerdoti e altri ministri ci fu fatta l’anno 1612 di ordine di Agostino Chigi rettore e costò l(ire) 2065 la quale fece Antonio scarpellino”. La lastra marmorea che ricopriva la tomba, un bassorilievo in marmi policromi, viene attribuita a Ventura Salimbeni e, secondo Luciano Banchi, venne realizzata da Ascanio Cavoni da Cortona.

Il perimetro della lastra è diviso in quarantaquattro riquadri ognuno dei quali contiene lo stemma e il nome di ogni rettore che ha governato l’ospedale a partire da Giovanni di Tese Tolomei. Questo sepolcro venne vuotato il 13 novembre 1710 e oggi la lastra marmorea può essere ammirata nell’atrio dell’antico ospedale.

Maura Martellucci
Roberto Cresti