Montepulciano – Domenica in Fortezza si apre la mostra di Breccia

A poco più di trent’anni dal suo esordio come pittore (1981), Pier Augusto  Breccia, fino ad allora stimato cardiochirurgo presso il Policlinico Gemelli di Roma ed oggi artista internazionalmente affermato e riconosciuto come il caposcuola della Pittura Ermeneutica, propone a Montepulciano la sua 70.a mostra personale. 
Da domenica 19 agosto a domenica 30 settembre, nei saloni della Fortezza (piano terra e semi-interrato), l’autore espone  34 opere – tutte ad olio su tela – eseguite nel corso della sua lunga attività artistica, 14 delle quali assolutamente inedite per la gran parte del pubblico italiano.
In particolare la mostra include un  gruppo di opere dal titolo provocatorio “Città in-esistenti”, recentemente esposte presso il Museo Manege di San Pietroburgo (Agosto 2011) e presentate per la prima volta  in Italia solamente ad Orvieto – Palazzo dei Sette – nello scorso mese di luglio.

Ma la novità più coinvolgente  di questa mostra – organizzata con il patrocinio del Comune di Montepulciano – consiste  nella possibilità di vedere – per la prima volta nel loro insieme – la maggior parte delle opere monumentali che l’artista ha prodotto nel corso degli anni: un gruppo di 15 opere di straordinaria complessità e di notevoli dimensioni (fino a 4 metri x 2,80) raccolte nel suggestivo  spazio del piano inferiore della Fortezza, quasi a formare un unico grande dipinto
Accanto ai 34 dipinti vengono anche esposti numerosi piccoli disegni preparatori relativi alle opere  in mostra o a quelle ancora da realizzare.

Traccia critica:
“Queste città “in-esistenti”, che abitano cioè dentro di noi, si propongono come la metafora del luogo e dell’altrove di noi stessi nella loro indissolubile unità: dove il luogo si presenta già di per sé come forma concreta dell’altrove proprio perché la cifra dell’Essere e l’apparente chiarezza dell’Esser-ci, nella visione ermeneutica che sottende l’intero linguaggio pittorico di Breccia, sono una cosa sola.
Contraddizioni, paradossi, angosce, paure, esaltazioni, cadute, momenti di sconforto e di speranza: sono queste le fondamenta sulle quali si regge la complessa architettura di quelle città in-esistenti che fioriscono, crescono, muoiono e rinascono insieme a noi e dentro di noi, accompagnandoci ad ogni istante della nostra esistenza. Sono le città-coscienza nelle cui piazze, nei cui vicoli, nelle cui strade, nei cui edifici, possiamo mostrarci o nasconderci nella più assoluta nudità di noi stessi: dove possiamo ridere o piangere, credere nei nostri sogni o precipitare nei nostri incubi, morire o rinascere, invocare Dio o bestemmiarlo, odiare il prossimo o amarlo, provare orrore o compiacerci del male e del bene di noi stessi e del mondo. Tutta la pittura di Breccia, al di là di questo gruppo particolare di opere, si confronta comunque da sempre con i temi più classici dell’ontologia metafisica, proponendoli tuttavia in una chiave tutt’altro che dogmatica. Proprio perché ermeneutico, il suo linguaggio cifrato resta  universalmente aperto all’interpretazione personale, recuperando e risolvendo così, in chiave onirica, o ironica o ludica, quei temi  di cui, nella tradizione occidentale, si occupano di solito la filosofia e la teologia in maniera ben più pesante e dottrinale.