Chiasso del Bargello: i “birri” e le antiche prigioni

Il chiasso che da via di Città scende ripido in Piazza del Campo assume definitivamente il nome di Chiasso del Bargello solo nel 1931, nell’ambito di un “ridenominazione” voluta dall’allora podestà Fabio Bargagli Petrucci. L’origine del toponimo va probabilmente ricercata nell’ufficio di polizia medievale, il Bargello appunto. Alcuni hanno collegato l’etimologia del vicolo al fatto che, prima della costruzione delle prigioni comunali sotto il palazzo Pubblico (il 17 febbraio 1327 il Consiglio Generale approvò il progetto di edificare “una prigione nuova e grande” nella contrada di Salicotto), le carceri si trovavano nel palazzo posto al lato del vicolo, detto degli Alessi, ma al tempo di proprietà di Musciatto di Nicola Franzesi, e con le carceri risiedevano qui anche gli ufficiali di polizia. In questo palazzo, all’inizio del Trecento era ospitata anche la “Camera” del Comune, in cui erano riposti i pubblici denari e, prima del completamento di Palazzo Pubblico, vi soggiornarono anche i Nove; dopo il loro trasferimento il palazzo venne adibito a dogana del sale.
Nel 1328 il Consiglio Generale ordinò che il chiasso del Bargello fosse raddrizzato e allargato, avendolo individuato come il principale collegamento tra il Terzo di San Martino e il duomo, nonché il Terzo di Città in genere. In questo documento viene, però, denominato come “el Chiasso di messer Mactasalaia”, mentre un’annotazione a margine, vergata nel XVII secolo, precisa: “1600. Oggi del Bargillo”, informando che all’epoca il chiasso era già detto del Bargello. Ancora lo stradario del 1789 lo chiama “vicolo Macta Salaja” e tale nome deriva da Mattasala dei Lambertini proprietario del palazzo che, dalla bocca del Casato, confinava con il vicolo stesso (è ancora visibile la torre proprio all’inizio del Bargello dal lato di via di Città). Anche Lusini, nelle “Note storiche sulla topografia di Siena nel secolo XIII” (1921), ci dice che il vicolo veniva detto volgarmente del Bargello ma ufficialmente era chiamato di “Macta Salaia”.

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di Maura Martellucci e Roberto Cresti