#progettofolle: dai social media il sogno di un senese diventa realtà. Per il bene degli altri

Un progetto nato per “lasciare un segno” a 40 anni e per mettermi alla prova nel settore in cui lavoro, i Social Media, per dimostrare a me stesso che non sono solo strumenti leggeri e che, se usati bene, possono creare qualcosa di buono; questa è in pratica la genesi del #progettofolle01.
In occasione dei miei 40 anni, nel 2014, ho infatti deciso di non chiedere regali ad amici e familiari ma di aprire un conto corrente specifico in cui far confluire piccole e grandi donazioni per un progetto tutto mio da realizzare in collaborazione con una onlus italianissima legata al mondo delle moto, Bambini nel Deserto.
Il tutto è nato come un progetto “condiviso” sui Social Media con tutte le persone che hanno in qualche modo partecipato e seguito lo stato delle cose, dando la possibilità di vedere passo per passo tutti i vari step del progetto così da garantire quella trasparenza che spesso non è così scontata quando si parla di beneficienza.
La genesi del nome è dovuta al fatto che quando ho iniziato a parlare della mia idea, e del relativo viaggio con mia moglie Francesca in moto da Siena al deserto marocchino Erg Chebbi, ero bloccato a casa e sotto cortisone con due ernie del disco infiammate; il viaggio è stato una vera piccola follia resa possibile in soli 6 mesi di preparazione da Silvia Gori, la mia osteopata.


Con Luca Iotti, presidente di Bambini nel Deserto, assieme a Giacomo Ferri, referente della zona per la ONLUS, abbiamo individuato un progetto da finanziare: l’installazione di una pompa ad energia solare in un pozzo preesistente dotato di una vecchia pompa diesel guasta.
Siamo così partiti per un meraviglioso viaggio di una ventina di giorni con la nostra moto KTM 950, acquistata nel 2007 con la promessa di portarla fino al deserto dove è nata visto che ha dominato la mitica Parigi Dakar per qualche anno. Marrakech, Essaouira, El Jadida, Meknes, Volubilis sono solo alcune delle nostre tappe in un viaggio da 4000 km in moto passando dai 40 gradi del deserto ai 7/8 dell’Atlante.


Abbiamo così visitato il villaggio di Begaa, un centro abitato berbero a ridosso delle dune del deserto Erg Chebbi nel SudEst del Marocco. Abbiamo visto i campi abbandonati accanto al pozzo con la pompa guasta, abbiamo conosciuto Youssef che ci ha rassicurato sull’effettiva necessità della riattivazione del pozzo.
Appena rientrati, grazie alla generosità di tantissimi amici ed anche di sconosciuti, abbiamo scoperto che la cifra raccolta per il #progettofolle01 tra noi e Bambini nel Deserto era circa di 10mila euro.


Hanno partecipato alla raccolta tantissime persone tra cui un gruppo di motociclisti di Piacenza, i “Raid for Aid”, che hanno raccolto una cifra molto importante replicando il nostro viaggio e devolvendo tutto al nostro progetto. Non è mancato il supporto della Nobile Contrada dell’Oca che mi ha particolarmente inorgoglito.
Abbiamo quindi deciso di dividere la cifra investendo circa 3500 euro per il “pozzo di Youssef” e il restante per il “pozzo di Ibrahim” dal nome di un bambino che abbiamo conosciuto che viveva in una casa distante dal centro abitato di Begaa senza acqua. Ogni giorno la famiglia percorreva circa un chilometro e mezzo con un asino per prendere l’acqua con il secchio da un pozzo.
Abbiamo seguito attraverso Giacomo tutti i lavori, siamo ritornati con Alessio, un nostro amico, nel 2015 a distanza di un anno per vedere il primo pozzo riattivato (stavolta in aereo, più veloce!) e documentare la bontà dei lavori svolti.
Nel 2016 abbiamo realizzato sempre per Bambini nel Deserto il #progettofolle02, un viaggio di poco meno di 1500 km in moto attraverso il Burkina Faso per “consegnare” la donazione degli amici motociclisti Elefanti Italiani a Garage Italia, un progetto di formazione per giovani meccanici di motocicli a Ouagadougou. Nel corso del nostro viaggio, fatto con vecchie moto portate giù dall’Italia da alcuni volontari italiani, abbiamo toccato con mano tanti progetti della ONLUS in Burkina Faso.


Nel 2017, visto che il Mal d’Africa è una malattia a cui non si sfugge, siamo tornati giù con i miei genitori a distanza di tre anni dal nostro primo viaggio in moto per condividere con loro i risultati della nostra piccola follia.
Vivere con loro l’emozione di toccar con mano lo stato delle cose, andare a visitare con loro una scuola per consegnare materiale didattico e pennarelli ai “Bambini nel Deserto” ha avuto davvero un sapore speciale; un po’ come fare pranzo mangiando un tajine di carne con carote e spezie coltivate nei campi che fino a 3 anni fa erano coperti di sabbia.


Abbiamo visto i campi verdi lavorati accanto al primo pozzo in cui sono coltivate molte varietà di piante, dal cumino ai mandorli ed alla piante di palma da dattero; la pompa diesel è stata riparata grazie agli incassi delle prime vendite dei frutti e finalmente abbiamo potuto toccare con mano i lavori ultimati sul secondo; oggi Ibrahim ha un serbatoio di acqua da 3000 litri davanti a casa collegato con un’autoclave alla pompa.


Grazie a questo serbatoio nei dintorni sono nate anche altre due case di famiglie berbere nomadi che si apprestano a diventare semistanziali come spesso succede in particolari periodi della vita familiare (arrivo di bambini piccoli o presenza di anziani in famiglia).


Ora che il #progettofolle01 si può dire terminato.. inizia ovviamente la ricerca di un #progettofolle03 per cui sono già tornato in palestra da un mesetto!!

articolo e foto Antonio Cinotti