Olio d’oliva ottenuto da illecita mescolazione. Scoperta dalla Finanza azienda olearia di Castellina Scalo

Sotto il coordinamento del Pubblico Ministero dottor Aldo Natalini, Sostituto Procuratore della Repubblica di Siena, le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Siena in collaborazione con il Dipartimento dell’Ispettorato centrale per la tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del MiPAAF – Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (I.C.Q.R.F.) stanno conducendo una complessa indagine sulle frodi alimentari nel settore dell’olio d’oliva.

 

L’operazione porta il nome di una varietà di olive da olio (Arbequìn) molto diffusa oggi in Andalusia, caratterizzata per la sua alta e costante produttività oltre che per le buone caratteristiche organolettiche, il cui prodotto è stato utilizzato per compiere le frodi.

 

L’indagine nasce da un accesso eseguito nel 2011 dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria di Siena, nell’ambito delle operazioni di apertura di una verifica fiscale, nei confronti dell’Azienda Olearia Valpesana S.p.A., con sede e stabilimento in Castellina Scalo nel Comune di Monteriggioni (SI).

 

Nel corso delle ricerche documentali venivano infatti rinvenuti, all’interno del laboratorio chimico dell’azienda, alcuni quaderni manoscritti riportanti annotazioni di “tagli” di olii diversi e “distinte base” sulle quali erano indicate, in codice, le istruzioni per l’ottenimento di masse di olio rivendicato come olio extra vergine d’oliva.

 

La disamina degli interessanti documenti acquisiti, sviluppata con la fattiva collaborazione degli Ufficiali di P.G. dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari di Roma, unitamente agli esiti captativi delle intercettazioni telefoniche e telematiche, ha consentito di portare alla luce un meccanismo fraudolento, in atto sin dall’anno 2010, basato su una prassi molto estesa utilizzata dall’azienda che, dopo aver contrattato con i propri fornitori comunitari (Spagna e Grecia) ed extra CE (Tunisia), indicava nel registro ufficiale di carico/scarico telematico (S.I.A.N. Sistema Informativo Agricolo Nazionale) come olio di oliva vergine/extra vergine, partite di olio non aventi all’origine i requisiti merceologici per poter essere designate come tali.

 

Tra la documentazione acquisita inizialmente nel corso della verifica fiscale – poi sottoposta a sequestro penale – sono stati rinvenuti numerosi contratti di acquisto di partite di olio vergine/extra vergine da fornitori iberici recanti, accanto ai valori ufficialmente dichiarati, appunti manoscritti riportanti le indicazioni dei reali parametri chimici (alchil esteri, perossidi e livello di acidità), notevolmente al di fuori di quelli previsti dalla normativa comunitaria per poter rivendicare un olio come extravergine di oliva.

La copiosa documentazione extracontabile rinvenuta nelle fasi iniziali dell’indagine – e successivamente “incrociata” con le annotazioni ufficiali – ha rappresentato un importante elemento indiziario a carico del quale sono state svolte, nel corso dei primi mesi del 2012, ulteriori e capillari valutazioni tecniche che hanno permesso di stabilire la reale consistenza del fenomeno fraudolento in atto.

 

Buona parte di tali forniture di olio, in relazione alle reali caratteristiche possedute, erano pertanto classificabili come vergine e “lampante”.

 

Si rammenta, a tal riguardo, che un olio di oliva per essere classificato come extra vergine deve possedere, tra l’altro, un’acidità inferiore a 0,8 grammi ogni 100 grammi di prodotto analizzato, un tenore di perossidi (indicatore del livello di ossidazione dell’olio) non superiori a 20 meq (milliequivalenti) di ossigeno ogni chilogrammo di prodotto analizzato ed un valore di alchil esteri non superiori a 75 mg per ogni chilogrammo di prodotto analizzato.

Così come stabilito dalla normativa comunitaria di riferimento, il neointrodotto valore di alchil esteri è stato individuato come parametro di qualità per gli oli extravergini, in quanto il metodo analitico utilizzato per la determinazione del contenuto permette di individuare false miscele di oli extra vergini di oliva e oli di bassa qualità e di capire se si tratta di oli vergini, lampanti o deodorati.

 

Le indagini hanno consentito di portare alla luce due diverse forme di frode realizzate, nel tempo, dall’Azienda Olearia Valpesana, mediante il proprio laboratorio chimico:

 

1. miscelazione di oli di differenti categorie (vergine e lampante) al fine di addivenire all’assemblaggio – intervenendo con tagli in percentuale e con l’uso di oli cosiddetti deodorati soft (operazione fraudolenta per gli oli da olive commercializzati come extravergini o vergini di oliva) per ridurre l’acidità e quindi ottenere una classificazione commerciale migliore – di volumi di olio d’oliva extravergine comunitario con caratteristiche analitiche e parametri conformi alla vigente normativa, costituita dal Regolamento n. 61 del 24.01.2011 della Commissione Europea;

 

2. miscelazione di oli di differente origine (Italia, Spagna, Grecia, Tunisia) e categorie (extra vergine, vergine) al fine di addivenire all’assemblaggio di volumi di olio d’oliva extra vergine 100% Italiano, ovvero 100% Greco.

 

Si pensi, per dare un’idea della frode posta in essere, che venivano ottenute vere e proprie miscele utilizzando materie prime di origine greca e spagnola in percentuali talvolta pari al 30-40%.

 

Il prodotto finale (ottenuto attraverso i due sistemi di frode) veniva rivenduto allo stato sfuso ad una serie di importanti aziende imbottigliatrici – ubicate in diverse regioni italiane – tra le più importanti a livello nazionale, che provvedevano al successivo confezionamento e cessione alle catene della grande distribuzione sul territorio nazionale ed estero.

In taluni altri casi il prodotto era destinato direttamente ad aziende confezionatrici operanti all’estero.

Su delega del P.M. titolare delle indagini – Dott. Aldo Natalini Sost. Proc. – l’Ufficio Centrale Antifrode dell’Agenzia delle Dogane di Roma ha poi collaborato alle indagini offrendo il proprio proficuo apporto nello studio dei flussi di olio provenienti da Paesi comunitari ed extra CE e, successivamente, eseguendo le attività di analisi di laboratorio sul prodotto stoccato allo stato sfuso all’interno dello stabilimento.

 

In data 14.05.2012 è stata data attuazione ad una serie di provvedimenti del P.M. che ha disposto ispezioni, perquisizioni domiciliari, aziendali, personali ed informatiche nei confronti dell’Azienda Olearia Valpesana S.p.A., del suo titolare – Francesco Fusi di anni 48 – del direttore amministrativo, del chimico, degli addetti alle vendite e di un addetto alle operazioni di assemblaggio e filtraggio dell’olio.

 

Si è proceduto, contestualmente, ad ispezionare e campionare gran parte del prodotto oleario presente in azienda ed a perquisirne i locali sottoponendo a sequestro probatorio varia documentazione contabile, extracontabile ed informatica. Inoltre è stata data esecuzione – in ottemperanza al decreto del G.I.P. del Tribunale di Siena Dott. Ugo Bellini depositato il 14.05.2012 su richiesta della locale Procura – al sequestro preventivo, tutt’ora in atto, di complessive 7.722,22 tonnellate di olio di oliva sfuso, quale “corpo del reato” della frode in commercio perpretrata o perpetranda a mezzo degli illeciti tagli.

Tra queste, 4.323,934 tonnellate riguardano olio ottenuto dalla illecita miscelazione con materie prima di categoria inferiore (quali oli di oliva lampanti e vergine) aventi caratteristiche qualitative di scarso pregio, che erano state abilmente assemblate al fine di giungere al giusto compromesso tra qualità e basso prezzo; le restanti 3.850,12 tonnellate di olio extra vergine di oliva sequestrato – dichiarato al 100% italiano – erano state invece ottenute dalla miscelazione indistinta di prodotti di origine spagnola e greca, venduto a numerose ditte imbottigliatrici ad un prezzo assolutamente in linea con le aspettative del mercato nazionale producendo anche in questo caso l’effetto falsato tra qualità e prezzo.

 

Alle attività di perquisizione informatica, sugli apparati aziendali e personali degli indagati, ha collaborato il personale specializzato appartenente alla Polizia Postale di Siena.

 

Sempre su decreto del P.M. titolare, sono state successivamente compiute perquisizioni presso terzi nei confronti di quattro importanti società del settore, risultate essere tra i maggiori clienti della Valpesana, nei confronti delle quali si è proceduto altresì ad estendere il provvedimento di sequestro preventivo (presso terzi) di ulteriori 450 tonnellate di olio d’oliva non conforme ai parametri di legge.

 

A conferma dell’efficacia dell’azione investigativa posta in essere dagli inquirenti, si precisa che i suddetti clienti, a tutela del consumatore, hanno già provveduto a ritirare il prodotto dal mercato ed a declassarlo in olio comunitario in relazione alle reale qualità dell’olio riscontrata documentalmente.

 

Il titolare dell’azienda – Francesco Fusi – è stato raggiunto da ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Siena in data 11 maggio 2012, eseguita il 14 maggio e tutt’ora si trova agli arresti domiciliari nella sua abitazione.

 

In data 25.06.2012 è stata data esecuzione ad ulteriori cinque misure cautelari – tre arresti domiciliari e due obblighi di presentazione alla P.G. – adottate dal GIP di Siena con ordinanza del 22.06.2012 su richiesta del P.M. titolare delle indagini che aveva accertato, mediante intercettazioni ambientali, condotte di inquinamento probatorio poste in essere, in pendenza del sequestro preventivo, alla data del 30 e 31.05.2012 dagli altri coindagati che hanno illecitamente travasato e disperso in altre cisterne alcune partite di olio raffinato sulle quali le loro Difese avevano richiesto incidente probatorio, eliminando così la possibilità di pervenire al loro accertamento specifico in sede di eventuale perizia.

Sono stati così raggiunti dalla misura cautelare degli arresti domiciliari il direttore amministrativo – Paolo Vannoni di anni 58 -, il chimico dell’azienda – Passerini Davide di anni 41-, ed uno degli addetti alle vendite – De Gregorio Stefano di anni 46 -, mentre è stata applicata la misura dell’obbligo di firma trisettimanale nei confronti di un addetto alle operazioni di assemblaggio e filtraggio dell’olio – A.P. di anni 45 – e di una dipendente amministrativa – S.L. di anni 42.

 

I reati contestati sono quelli di associazione a delinquere (art. 416 C.P.) finalizzata alla frode in commercio (art. 515 C.P.) aggravata (art. 517 C.P., in quanto trattasi di sostanze alimentari) e continuata (art. 81 C.P.), dal 2010 a tutt’oggi, e falsità continuata in registri ufficiali (art. 484 C.P.), nonché il concorso (art. 110 C.P.) in violazione di sigilli (art. 349 C.P.) e frode processuale (art. 374 C.P.) per i fatti posti in essere il 30 e 31.05.2012.

 

L’Azienda, inoltre, quale persona giuridica, è incolpata per illeciti amministrativi derivante dai reati di associazione per delinquere e di frode in commercio ai sensi del Decreto Legislativo 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.

 

Quello finora accertato costituisce un sofisticato meccanismo di frode che oltre, ad alterare fortemente gli equilibri di mercato a favore di un numero limitato di aziende, vìola le aspettative del consumatore che, ignaro del raggiro, acquista un olio venduto ad un prezzo altamente concorrenziale ma assolutamente privo delle caratteristiche indicate in etichetta.

 

L’azione congiunta della Guardia di Finanza e dell’I.C.Q.R.F. di Roma, con la quale hanno collaborato, in assoluta sinergia, gli organi dello Stato deputati a contrastare le frodi nel settore alimentare e, in particolare, l’I.C.Q.R.F. di Roma e, da ultimo, l’Agenzia delle Dogane, si caratterizza sia per l’acume investigativo che per il tecnicismo degli accertamenti eseguiti, rispetto ai quali ancora una volta insostituibile l’apporto tecnico offerto dai flussi telefonici e telematici.

 

L’attività posta in essere rende pienamente l’idea degli sforzi che quotidianamente le Istituzioni dello Stato compiono sulla c.d. agro pirateria e per tutelare il “Made in Italy”, in modo particolare in un settore, quello agroalimentare, in cui tutto il mondo – soprattutto quando si parla di olio d’oliva – ci riconosce un assoluto primato in termini di qualità.

 

Ed è soprattutto alla tutela della qualità dei prodotti che deve convergere l’attività di intelligence e la conseguente azione repressiva per contrastare l’illecita condotta di quei pochi che rischiano di danneggiare una immagine sulla quale si basa la crescita del nostro Paese.

 

Le indagini, che vedono coinvolti altri contesti territoriali sia nazionali che internazionali, anche grazie all’apporto fornito da collaterali organismi di polizia, sono tuttora in fase di sviluppo al fine di delineare il quadro complessivo della frode olearia che contempla non soltanto aspetti di natura penale, ma anche evidenti ed interessanti profili di natura economico-finanziaria, suscettibili di ulteriori sviluppi.

 

In ogni caso il P.M. procedente non scioglie le riserve sulla possibile estensione del fenomeno che coinvolge numerosi operatori del settore, sia nazionali che esteri.