Mostro di Firenze, l’avvocato Vieri Adriani: “Non ho fiducia nel lavoro della Procura, chiedo l’avocazione”

“Il Mostro di Firenze passerà alla storia come un caso irrisolto. Non ho fiducia nel lavoro di questa Procura della Repubblica. Non arriveremo a nulla, il momento c’era ed era nel 2013. Non so oggi che strada possano prendere le indagini”.

Il tono di Vieri Adriani è lapidario, deciso, incredulo quasi. Deluso. Lui, l’avvocato che dal 2013 ha portato alla ribalta delle cronache ancora una volta la storia annosa del Mostro di Firenze che ha sconvolto la Toscana e oltre, arrivando fino agli Stati Uniti, lui che ha creduto di poter sostenere fino in fondo la ricerca di giustizia proseguendo nell’incarico di legale della famiglia di Nadine Mauriot e di Jean Michel Kraveichvili vittime del Mostro agli Scopeti di San Casciano nel 1985 (ritrovate la ricostruzione della vicenda qui e, per la seconda parte, qui) nonché di Stefania Pettini uccisa a Borgo Lorenzo nel 1974 insieme al suo fidanzato, Pasquale Gentilcore. Lui, che alla teoria della pista sarda e del killer seriale che noi di Siena News abbiamo sempre seguito, non crede totalmente ma che accetta un confronto con noi proprio per cercare di approfondire ancora di più il lavoro di ricerca e di ricostruzione dei fatti. Perché la verità spesso sta nel mezzo.

Pasquale_Gentilcore_e_Stefania_Pettini

Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili

Cinque punti fondamentali da accertare, evidenziati e più volte sia dall’avvocato Vieri Adriani, sia dal suo braccio destro per il lavoro sul Mostro, lo scrittore aretino Luca Innocenti (noto per i suoi studi e i suoi libri sul periodo delle stragi, in particolare quella di Brescia e quella dell’Italicus).

La morte di Pietro Pacciani (probabilmente morto per avvelenamento ; le caratteristiche delle ogive compatibili con un altro modello di calibro 22, quindi non necessariamente una Beretta; le circostanze del ritrovamento del fazzolettino imbevuto di sangue nel piazzale degli Scopeti; lo straccio rinvenuto a casa di Salvatore Vinci che oggi non si ritrova; l’intervento dell’anonimo che costrinse gli inquirenti, nell’estate del 1982, a collegare i duplici delitti con quello del 1968. Entro questi cinque punti ruota il lavoro dell’avvocato Adriani e del suo collaboratore. Negli ultimi mesi stanno venendo fuori nuovi dettagli ma non questi…

“Diciamo che negli ultimi otto mesi la gestione delle indagini è stata un po’ singolare. Ci sono alcuni punti che risultano come altrettante anomalie per me che rappresento le famiglie di tre vittime del Mostro”.

Quali?

“Intanto la cessazione dell’incarico del precedente inquirente, procuratore Canessa, che è avvenuta dopo la sua stessa affermazione di essere ormai sulla buona strada – incalza Innocenti –  nel luglio 2017”

“Io aggiungo – risponde Adriani – che sono rimasto perplesso dalla smentita da parte del procuratore capo agli organi di stampa di qualsiasi contatto, anche indiretto, con la cosiddetta ‘strategia della tensione’, in contrasto con informazioni diverse che io stesso ho ricevuto da fonti attendibili e verificate”.

Cioè?

“Almeno per quanto riguarda le coperture di cui il o i responsabili avrebbero beneficiato quanto meno post delictum: se io ti copro mentre commetti il delitto sono un concorrente, se invece la copertura avviene dopo, è favoreggiamento o depistaggio”.

Quali sono le altre anomalie riscontrate, che hanno portato alla richiesta di avocazione delle indagini?

“Dal mancato invio dell’informazione di garanzia alle persone che rappresento, alla comunicazione incompleta dei nomi degli indagati, indicati però come tali alla stampa. Dal rifiuto a ricevermi, motivato dal ‘segreto investigativo’ di un’indagine nata però grazie all’iniziativa mia e di due fidati collaboratori all’inosservanza dei termini di durata delle indagini – 6 mesi + altri eventuali altri 6 mesi – e del diritto della persona offesa di ricevere notizie della loro prosecuzione . Inoltre, non c’è mai stato riscontro alle mie richieste alle integrazioni su circostanze importanti e ad un paio di indagini difensive depositate in Procura , il tutto dal settembre 2017 ad oggi. Con il precedente magistrato c’era un dialogo, adesso non più. Infine troviamo sconfortante il fatto che che dopo cinque anni dalla presentazione delle prime informative sui fatti dei quali discutiamo, ci sia ancora un’indagine in corso senza un esito compiuto: una richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio. Abbiamo quindi anche chiesto l’avocazione delle indagini alla Procura generale purché una risposta ci sia data. Le indagini non si possono né tenere in eterno né superare i tempi di una vita umana”.

E poi sono entrati in ballo appunto i due nuovi indagati, Giampiero Vigilanti e Francesco Caccamo. Il legionario e il medico condotto di Dicomano. E tutto sembra ribaltarsi, compresa l’unica strada che sembrava certa, quella della pistola. La famigerata Beretta calibro 22. Vigilanti era già stato lambito dalle indagini in passato: nel corso di una perquisizione era stato trovato in possesso anche di 176 proiettili dello stesso tipo di quelli utilizzati dal mostro…

“Se il signor Vigilanti, come ha detto nell’intervista a voi, può avere informazioni utili alle indagini, vada in Procura e le chiarisca con una comparizione spontanea.  Poi c’è la sottrazione delle pistole che gli sarebbero state rubate in casa… la scomparsa delle armi sembra avvenuta tuttavia molto tempo dopo che io stesso avevo evidenziato la situazione, sarebbe stato necessario pertanto muoversi per tempo”.

“Anche dal punto di vista umano oltre che professionale c’è differenza – interviene Luca Innocenti – c’è da ricordare che tante volte il procuratore Canessa aveva espresso apprezzamento per il lavoro dell’avvocato e dei suoi più stretti collaboratori. Dopo il passaggio di consegne è venuta meno ogni possibilità di scambio: di qui l’estrema difficoltà nel dare il nostro contributo affinché le famiglie delle vittime possano avere una risposta definitiva al loro annoso dolore”.

Quindi, in sintesi, quale è la tesi che sostiene l’avvocato Adriani?
“Ritengo che questi delitti siano commessi a titolo personale da qualcuno legato agli ambienti di destra e degli apparati. Non è un lust murderer (diverso da serial killer, ndr), è un sadico che imita un lust murderer, sa depistare molto bene e irride alle istituzioni e alla magistratura; almeno fino al 1981. Poi dal 1982 entrano in gioco altri soggetti che uccidono solo per scagionare quelli che via via finiscono in galera. Fino al settembre del 1985 quando i delitti cessano perché alcune perquisizioni li mettono in allarme”.

Katiuscia Vaselli