“Mio figlio messo in un angolo, a scuola”. La lettera di un padre arriva al Ministero

La storia di Niccolò, studente della scuola senese Bettino Ricasoli (istituto Agrario), arriva fino al Ministero dell’Istruzione

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Se la scuola è la prima responsabile di una discriminazione, succede che si capovolgano i ruoli di educazione ed istruzione ma anche di socializzazione ed inclusione, princìpi fondamentali entro le pareti scolastiche.

Succede che si debba leggere, con amarezza e disgusto, la lettera che ci arriva da Oliviero Vivarelli, padre di Niccolò, una lettera inviata al dirigente dell’istituto agrario che fa seguito ad una serie di incontri, richieste, relazioni inviate anche al Ministero dell’Istruzione, che già il mese scorso è intervenuto ma senza ottenere, ad oggi, risultati.

Niccolò soffre di Disturbi Specifici dell’Apprendimento come altri ragazzi nella sua classe e nell’istituto. Sempre di più i ragazzi con accertata dislessia, disortografia, disgrafia tanto che eisste una legge, la 170/2010 che riconosce l’esigenza di uno specifico percorso di formazione per i ragazzi con diagnosi DSA.

Una legge che evidentemente non interessa il preside del ‘Ricasoli’, come spiega bene il padre di Niccolò in una lettera aperta che pubblichiamo integralmente:

“… nemmeno nelle sceneggiature e nelle regie dei film, negli articoli che scriveva sui giornali o addirittura sulle storie dei libri che ha scritto mio padre, Piero Vivarelli, mi è mai capitato di vivere quello che io e la mia famiglia abbiamo vissuto dal momento in cui ci siamo avvicinati al suo Istituto, pensando sinceramente di trovare una scuola all’avanguardia per mio figlio Niccolò, soprattutto avendo passato ormai da anni i sistemi obsoleti di come venivano gestite le scuole del ‘900. Siamo venuti a colloquio da lei sperando di risolvere una situazione molto delicata (come già raccontata per iscritto nella mia relazione in precedenza) delicata a tal punto che lo Stato italiano ha dovuto farne una legge, che dovrebbe servire a tutelare i ragazzi da certe problematiche scolastiche. Se però le famiglie incontrano persone che “minimizzano”, come ci è stato scritto e riferito a voce sia dal MIUR sia dal Provveditorato agli Studi di Siena, mi dica lei come possono affrontare queste situazioni le famiglie in Italia quando si trovano davanti persone che hanno questi atteggiamenti. Sentirci rispondere al colloquio “fatemi una relazione scritta” da prima ci ha lasciato perplessi, ma subito dopo, non le nascondo che non mi è parso il vero poter raccontare a tutti quello che mi è successo nel “suo” Istituto. Forse pensava di mettermi in difficoltà? Invece le ho inviato la mia relazione credendo che le cose avrebbero preso la strada giusta.
Ci siamo trovati di fronte a persone che gestiscono la situazione DSA nel suo Istituto con leggerezza e forse con scarsa conoscenza sia della Legge sia delle sue Linee Guida, Professori che, a suo dire, “richiamati all’ordine” hanno continuato a comportarsi con mio figlio come se nulla fosse accaduto. Addirittura mettendolo in difficoltà rifacendogli fare un compito in classe, perché dato in maniera errata, senza minimamente informarsi se nello stesso giorno avrebbe già dovuto sostenere altro compito di altra materia. Risultato? mio figlio DSA due compiti in classe nella stessa giornata, gli altri alunni uno.
La Relazione che le scrissi e che inviai per conoscenza al MIUR a Roma, al Provveditorato degli Studi di Siena e alla Direzione Regionale del Provveditorato ha avuto tempestiva risposta da parte di tutti gli Organi interessati. Solo da parte sua, oltretutto diretto interessato, non ho avuto un minimo cenno di risposta, questo per evincere il suo interesse per tutta la questione .
Per tutta risposta ho ricevuto una telefonata dalla Responsabile del suo Istituto per i DSA che si è permessa (a detta della professoressa sotto suo mandato) di avvisarmi che avendo saputo, a suo dire “in via informale” che mia moglie non era la mamma di mio figlio Niccolò studente del suo Istituto, la scuola non avrebbe più sostenuto colloqui con mia moglie riguardo tutte le informazioni scolastiche riguardanti mio figlio.
Ho trovato la telefonata stizzosa e antipatica, soprattutto perché mia moglie non é mai venuta da sola a chiedere informazioni su mio figlio, nessuno ha mai presentato mia moglie come la mamma di Niccolò e se chi di dovere avesse letto tutta la documentazione presentata a suo tempo, come dovrebbe fare del resto con serietà un qualsiasi responsabile DSA di qualsiasi Istituto, è ovunque riportato che mia moglie non è la mamma di Niccolò, perfino nel Decreto del tribunale dei Minori di Firenze dove affida tutti e tre i miei figli a me in via esclusiva al 100% e dove viene evidenziato il collocamento, tutti insieme, nella casa di mia moglie in un unico nucleo familiare. Dirigente perché ha voluto far fare alla professoressa questa telefonata?
Sig. Dirigente lei sa che in uno dei punti delle Linee Guida c’è scritto, a chiare lettere, che la scuola si deve impegnare ad intraprendere un dialogo con la famiglia per il percorso scolastico e per la serenità dei ragazzi DSA? Lei sa che la sua responsabile dopo la nostra telefonata è stata capace di rispondermi quando ci siamo incontrati di nuovo in segreteria che con me non voleva più parlarmi? Solo perché durante la telefonata l’ho invitata a non farmi più telefonate su problemi che non la riguardavano e che sicuramente non rientravano nei suoi compiti come responsabile dei DSA. Mi può spiegare dove è andato a finire il dialogo con la famiglia? Come avrà visto io e mia moglie abbiamo deciso di spostare mio figlio, fortemente stressato dalla situazione, all’istituto Enriques di Castelfiorentino. In questa scuola, frequentata già da Mattia, fratello gemello di Niccolò e anche lui con DSA, abbiamo potuto confrontare i metodi: quella è una scuola all’avanguardia sulle problematiche dei DSA, basti pensare il fatto che al momento che siamo stati convocati per redigere INSIEME come da linee guida, il Piano Didattico Personalizzato, ci siamo trovati a quell’incontro davanti a TUTTI i professori della classe di Mattia e insieme a TUTTI i 4 responsabili per i DSA di tutta la Scuola, e non a numero 2 professori
della classe di Niccolò più il “responsabile” DSA. Sicuramente la mia scelta di voler cambiare scuola a mio figlio lei la vivrà come una liberazione, come una grana di meno, ma si ricordi una cosa, chi ha perso oggi, non sono io che me ne vado e quindi mi arrendo, Signor Dirigente del Ricasoli è LEI che ha perso. Ha perso dal momento in cui uno dei (e chissà quanti altri) suoi ragazzi scappa dalla sua scuola, perché esasperato da un sistema scolastico come il suo dove non vengono né considerati come dovrebbe essere né tantomeno prese in considerazione le leggi che tutelano i nostri figli con disturbi dell’apprendimento, quali DSA. Mi sento di dirle apertamente con la massima sincerità, che pur avendoci provato informando le istituzioni per tutelare mio figlio e nonostante ad oggi lei non abbia fatto nulla per cambiare le cose, sia lei che alcuni dei suoi Professori avete fallito.
Il Ricasoli oltre ad essere una nota Azienda Vinicola, conosciuta anche nella grande distribuzione è anche, prima di tutto, una scuola. Una cosa è la direzione di un azienda altra è quella di una scuola, nella prima si ha che fare con bottiglie di vino nella seconda con ragazzi, esseri umani, individui con varie problematiche, quindi non possono essere gestiti come numeri, come si riportano nei colli delle bottiglie di vino.
Con i miei Complimenti
Oliviero Vivarelli
P.S
ad oggi 12/12/16 ancora non ci è stato consegnato il PDP
Katiuscia Vaselli