Individuato il ruolo della proteina Oscurina da un gruppo di ricerca dell’ateneo senese

Università degli studi di Siena

L’alterazione della proteina oscurina può causare la distrofia muscolare.

E’questa la scoperta fatta da un gruppo di ricerca dell’Università di Siena, guidato dal professor Vincenzo Sorrentino, che chiarisce il ruolo di questa proteina nel complesso meccanismo che aiuta le cellule muscolari a proteggersi dal danno da stress meccanico, e che quindi ha importanti implicazioni in alcune malattie genetiche, come appunto le distrofie muscolari.

I muscoli del nostro corpo sono sottoposti a uno stress meccanico continuo legato all’attività fisica, che se non ben bilanciato, a causa di alcune patologie, può danneggiare e nel tempo anche a portare a morte le fibre del tessuto muscolare, come si osserva in pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne.

I ricercatori senesi tra i quali alcuni giovani assegnatari di borse di ricerca come Davide Randazzo, primo autore del lavoro, hanno osservato che in topi in cui è stato inattivato il gene che codifica l’oscurina, una proteina normalmente presente nei muscoli, le fibre muscolari diventano più fragili e meno resistenti all’esercizio fisico, sviluppando una situazione simile a quella osservata in alcune forme di distrofia muscolare nell’uomo.

I risultati pubblicati individuano la causa di tale fragilità nel fatto che la mancanza di oscurina altera la struttura del citoscheletro, in particolare dei microtubuli che normalmente contribuiscono alla corretta localizzazione della proteina Distrofina, quest’ ultima già nota per essere coinvolta nella distrofia muscolare di Duchenne.

Con i risultati di questo lavoro, che è l’esito di oltre 10 anni di studi,  i ricercatori dell’Università di Siena hanno aperto un nuovo orizzonte che sarà utile per una migliore comprensione delle basi molecolari e genetiche di varie forme di distrofie muscolari rare, per le quali attualmente non è disponibile una diagnosi di genetica molecolare. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista The Journal of Cell Biology.