CAMERA CON VISTA – Le cronache dal parlamento di Luigi Dallai

parlamento italiano

Ore 17, l’Aula della Camera è stracolma per il giuramento di Giorgio Napolitano, che a seguire terrà il discorso di insediamento.

Nell’aula e per i corridoi della Camera si respira un’aria calma, permeata dall’emozione e credo di poter dire anche dal senso di scampato pericolo. Il venerdi del sesto scrutinio ha consumato molte energie delle diverse parti in causa. L’autorevolezza di Giorgio Napolitano seda i contrasti tra e dentro i partiti in Parlamento e la speranza è che da oggi la lotta politica torni dentro i partiti, e non travolga le istituzioni. Un tweet di un neoparlamentare sintentizza allegramente ma con efficacia: “dal Presidente non mi aspetto un discorso, ma un “cazziatone”…”
Al posto di un’inevitabilmente sintesi parziale, cerco di ripercorrere sono stati i punti salienti del discorso di Napolitano; almeno quelli che per me, e per altri altri colleghi del PD entrati in Parlamento per la prima volta da poche settimane, sembrano essere passaggi fondamentali.
Comincio dalla fine, ovvero dalla questione del rinnovamento, anche anagrafico, dei rappresentanti del popolo. Il Presidente della Repubblica ci ha ricordato, commuovendosi per un istante, di essere stato eletto per la prima volta in Parlamento a ventotto anni. Oggi si avvia a svolgere un secondo mandato quale Capo dello Stato, caso unico nella storia repubblicana, in età molto molto avanzata. Non era nelle sue previsioni e nelle sue scelte, ma come ha apertamente detto, non ha potuto sottrarsi alla richiesta pressante della stragrande maggioranza delle forze politiche. Anche in virtù della battaglia di rinnovamento culturale che ho condiviso con Matteo Renzi, mi piace ricordare che il  valore delle persone non si misura con il metro della carta di identità, ma con la capacità di mettersi a disposizione di un progetto condiviso. E’ un punto fondamentale, perchè è una linea di demarcazione che separa le posizioni strumentali dalle posizioni di merito, sia a livello nazionale che locale.
Napolitano ci ha ricordato che siamo prima di tutto rappresentanti del popolo, eletti in una Repubblica parlamentare. Questo è il senso delle critica ai partiti politici colpevoli di “convenienze, tatticismi e strumentalismi”, partiti che  il Presidente ha invitato a non autoassolversi dalle proprie responsabilità. Questo anche il senso del passaggio che riconosce a tutti noi, incluso il Movimento 5 Stelle, il ruolo di rappresentanti eletti democraticamente, il cui dovere è quello di cercare un confronto democratico, sempre dentro le istituzioni. Da qui l’obbligo di ricerca di soluzioni condivise, perché nuove elezioni non restituirebbero un risultato diverso. Il risultato uscito dalle urne è la fotografia delle divisioni del Paese, e con questo risultato dobbiamo fare i conti. Il governo del paese è infatti un obbligo che trascende dagli impegni elettorali, dagli equilibri interni ai partiti, dalla ricerca di un consenso individuale o di piccoli gruppi. Chi ha un po’ di memoria politica, riconoscerà in questo passaggio le radici del “vecchio comunista migliorista “.
Il Presidente ha esortato tutti i deputati e senatori ad impegnarsi nell’attività parlamentare, perché anche fare il parlamentare è un lavoro (seppur a tempo determinato aggiungo io) che richiede un confronto con il governo, sia per chi fa parte della maggioranza che dell’opposizione. L’impegno dovrà essere rivolto ad un’agenda che discende dall’elaborazione dei saggi, a cominciare dalle riforma urgenti per contrastare il dramma della mancanza di lavoro, della disuguaglianza di genere, dell’assenza di prospettive per larghi strati della società.
I parlamentari applaudono  i passaggi del discorso del presidente, ma Napolitano cerca di sopire con la mano gli entusiasmi per rimarcare i passaggi del proprio discorso. Dunque ora tocca a noi, confrontarci con l’esperienza di maggioranza di governo, eletti in un partito che ha portato a Roma un gruppo parlamentare fatto per due terzi di matricole, che oggi naviga in acque tempestose. Un gruppo che dopo i primi terribili scrutini, ha trovato l’unanimità solo sulla figura di Napolitano. Con tutta evidenza siamo in una fase politica nuova, in cui molte sono le incognite ma altrettante le potenzialità. Non so dire quanta assunzione di responsabilità potrà nascere dalla reprimenda del Capo dello Stato; di certo l’esempio di quest’uomo, molto in là con gli anni, ancora lucidissimo per quanto fisicamente molto molto affaticato e amareggiato, dà i brividi a chi crede nella politica come un servizio al Paese.